Sel all’inizio era apparsa molto ben impressionata dagli sgravi Irpef alle buste paga. Lo stesso sindacato a 24 ore dalla conferenza stampa di Renzi ancora era nella fase delle lodi. Insomma restate all’opposizione?
Ma certo che restiamo all’opposizione: questo governo, e lo dimostrano le misure annunciate, non è il nostro governo. Io comunque sono uscito immediatamente con un comunicato in cui mettevo in guardia da quel decreto sui contratti a termine. È un provvedimento in chiara continuità con quelli degli ultimi anni, che non hanno creato occupazione. Nessuno può criticare ovviamente gli 85 euro: vanno ai lavoratori delle fasce medio basse, che hanno sofferto la crisi. Ma sono escluse persone ancora più deboli: i pensionati, tanti precari, i disoccupati. Non si dà loro reddito, né si creano occasioni di nuovo lavoro.
Il ministro del Lavoro Poletti però difende la riforma dei contratti: dice che se una persona è brava, finalmente potrà essere messa alla prova, e dopo avrà il suo tempo indeterminato. Afferma che la causale, come è oggi, permette al lavoratore di fare causa, e questo scoraggerebbe le imprese.
Una risposta che suona paternalista, e che nasconde il fatto che si vuole rendere la precarietà pressoché infinita. Si smentisce anche il «contratto unico» previsto dal Jobs Act: avrebbe dovuto prevedere tutele progressive, ma qui al contrario si crea un contratto unico senza alcuna tutela. La causale solo in casi limitati, e giustamente, offre la possibilità di una causa: se la togli, permetti all’impresa di farti contratti anche solo di un giorno, lungo i 36 mesi, e dopo finisci in mezzo a una strada. L’incredibile è che si vuol far credere che in Italia il lavoro c’è e che mancano i modi flessibili per assumere: quando l’evidenza parla di 15 o 45 diverse forme – secondo Confindustria o la Cgil – che ne offrono anche troppi.
Quindi contrasterete il decreto?
Certamente, perché si rischia che il tempo indeterminato venga sostituito in modo strutturale dal lavoro precario. Riuscirebbe a Renzi quello che non è riuscito a Sacconi, che infatti plaude a questa misura. Leggevo proprio sul manifesto che Cofferati nota che l’articolo 18 è già stato cancellato dal governo Monti: ma in questo modo lo si abolisce del tutto, perché tutti saranno precari già in partenza. Senza contare che l’apprendistato, senza neanche più la formazione e l’obbligo di stabilizzazione, non diventa altro che un modo per avere lavoratori che ti costano il 35% in meno.
Gli 85 euro però non sono forse un modo per accontentare i lavoratori più rappresentati dal sindacato, assicurandosi così anche la pace sociale? Voglio dire: si andrà mai in piazza contro i «contratti Poletti»?
La comunicazione di Renzi ha concentrato tutto sugli 85 euro: e così anche al sindacato, in un primo momento spiazzato e intorpidito, sono sfuggiti i provvedimenti concreti, quelli più pericolosi. Ritengo però che invece ci siano tanti motivi per protestare: dagli esclusi – i pensionati, le partite Iva, i disoccupati – fino al tema appunto dei contratti a termine. Lo si può fare in piena autonomia, rivendicata peraltro dallo stesso Renzi. La Cgil chiede di abolire il «decreto Poletti»: bene, mi associo.
Va bene invece tornare a parlare del contratto unico con le tutele crescenti?
Sì, a patto però che si cancellino tutte le altre forme precarie. Il lavoro non si crea introducendo forme contrattuali, ma facendo politiche industriali, vincolando i soldi pubblici, quelli per le scuole e il dissesto idrogeologico, alla creazione di nuova occupazione netta. Togliendo dalla palude del ministero dello Sviluppo crisi come Termini Imerese, Irisbus, Agile, che da anni aspettano soluzioni.
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