martedì 30 settembre 2014

GOVERNO RENZI E JOBS ACT. L. SALVIA, Jobs act, cosa cambia (davvero), CORRIERE DELLA SERA, 30 settembre 2014

Una mediazione interna al partito, e un passo indietro rispetto alle intenzioni. La mossa di Matteo Renzi ridurrebbe parecchio il peso della modifica all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori da inserire nel Jobs act. Si tratta di un disegno di legge delega, che dovrà essere approvato da Camera e Senato e poi essere attuato con una serie di decreti legislativi e quindi le incertezze sono ancora molte. Ieri però Renzi ha fornito un dettaglio su come vuole cambiare la disciplina dei licenziamenti. 

lunedì 29 settembre 2014

GOVERNO RENZI E JOBS ACT. SAPPINO L., Jobs act, non basta lo stop all'articolo 18. Ora le aziende potranno demansionare, L'ESPRESSO, 17 settembre 2014


Nell'emendamento della maggioranza, c'è il contratto a tutele crescenti, bandierina programmatica del premier Matteo Renzi, che dovrebbe, se il parlamento approverà la legge delega così come modificata su indicazione dell'esecutivo, sostituire il contratto a tempo indeterminato, per i nuovi assunti. I dettagli si conosceranno con i decreti delegati che spetteranno al governo dopo l'approvazione della delega, ma l'idea di base è la sospensione dell'articolo 18 nei primi sei mesi di contratto, per tutti.

sabato 20 settembre 2014

RIFORMA DEL MERCATO DEL LAVORO E GOVERNO RENZI. P. PELLIZZETTI, Jobs act: Ichino, chi era costui?, IL FATTO, 20 settembre 2014

otto l’incalzare di un furente Maurizio Landini, ieri sera molti telespettatori de La 7 hanno potuto prendere visione della vera faccia di Pietro Ichino, che sino ad allora avevano ritenuto un’icona astratta dell’antico migliorismo milanese (i liberisti dell’allora Pci subalterni a Bettino Craxi e finanziati dal suo ufficiale pagatore di allora: Silvio Berlusconi); oggi alleato con gli ex rutelliani raccolti attorno al premier per dare prova di sottomissione alle plutocrazie nazionali e non, macellando una classe lavoratrice che potrebbe rivelarsi “ceto pericoloso” per i disegni di ricastalizzare la società nel nuovo feudalesimo prossimo venturo, in cui i signoraggi non discendono più dal sangue ma dal possesso (rendite di posizione).

mercoledì 10 settembre 2014

NEL PAESE DEL LIBERO MERCATO E DEL MERITO. REDAZIONE, Jp Morgan ancora nei guai, “assume figli di alti funzionari per fare affari in Cina”, IL FATTO, 19 agosto 2014

La nuova frontiera delle mazzette? Assumere i figli di papà. Jp Morgan è finita di nuovo sotto i riflettori per aver dato un posto di lavoro a giovani rampolli dei dirigenti delle più grandi imprese di Stato in Cina, chiedendo in cambio un aiuto per fare affari nel Paese. A puntare i riflettori sulla banca, che ha sempre più problemi con la giustizia, è stata la Sec (la Consob americana) che, secondo la stampa, ha aperto un’inchiesta sulle assunzioni nel territorio, dove le relazioni personali hanno un ruolo fondamentale nel concludere gli affari. La pratica non è, d’altronde, una novità. Tra le banche diWall Street, spiega il quotidiano americano, è infatti abbastanza comune assumere figli di manager e politici cinesi per spianare la strada ai propri business.

PIL ECONOMIA LEGALE ED ECONOMIA ILLEGALE. LA VOCE.INFO, Sec: metti sesso, droga e contrabbando nel calcolo del Pil, IL FATTO, 11 giugno 2014

Il nuovo sistema europeo di contabilizzazione prevede di inserire nei dati nazionali anche stime del fatturato prodotto da traffico di sostanze stupefacentiprostituzione econtrabbando. Per l’Italia significa un miglioramento nei rapporti tra debito e Pil e deficit e Pil. Investimenti in R&D.
di Mario Centorrino*, Piero David** e Antonella Gangemi (lavoce.info)

PIL ECONOMIA LEGALE E ECONOMIA ILLEGALE. L. MORATTI, I rischi dell’economia illegale nel Pil, CORRIERE DELLA SERA, 24 agosto 2014

La decisione di aggregare al calcolo del Pil (Prodotto interno lordo) una parte dell’economia illegale mette ancor più in evidenza l’inadeguatezza di questo strumento nella definizione del benessere dei cittadini di uno Stato. E’ ormai assodato che né il valore assoluto del Pil né la sua crescita permettano una valutazione efficace di tale benessere e proprio per questo, dagli anni ’90, l’Onu, le Istituzioni Europee, l’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) e diversi Paesi singolarmente hanno promosso strumenti e indicatori alternativi che superassero l’egemonia del Pil e tenessero in considerazione anche aspetti sociali e ambientali della vita in un sistema economico nazionale. La ricchezza di un Paese è infatti data anche dai progetti educativi e di istruzione, dall’attenzione verso il patrimonio artistico e culturale, dalla capacità di promuovere modelli di welfare sostenibili. Una consapevolezza che Robert Kennedy aveva espresso già nel 1968 evidenziando come il Pil misurasse “tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta”.

EUROPA. SCOZIA VERSO L'INDIPENDENZA. E. FRANCESCHINI, Scozia, capitali in fuga, LA REPUBBLICA, 10 settembre 2014

http://kikukula5.blogspot.it/2014/09/europa-scozia-verso-lindipendenza-e.html

lunedì 8 settembre 2014

IDEE E TEORIE ECONOMICHE. L. PELLICANI, Così è fallito il modello neoliberista Un saggio di Pellicani, RESET, 25 marzo 2013

Il crollo del Muro di Berlino è stato salutato non solo come la fine del comunismo, ma anche come la fine del compromesso socialdemocratico fra Stato e mercato. Quelli che George Soros ha chiamato i “fondamentalisti del mercato” hanno sentenziato che il welfare era un lusso che i Paesi dell’Europa occidentale non potevano permettersi. E hanno altresì sentenziato che non c’era più spazio per l’azione riformatrice dei partiti dell’Internazionale socialista, tesa a massimizzare la libertà-eguale. Sicché non c’era che una via davanti ai popoli d’Occidente : quella del mercato autoregolato.

giovedì 4 settembre 2014

lunedì 1 settembre 2014

TEORIE ECONOMICHE. T. PIKETTY, IL CAPITALE NEL 21 SECOLO. R. JACOBY, Il pragmatico dell'utopia, IL MANIFESTO, 22 agosto 2014

 Il sag­gio di Tho­mas Piketty Le Capi­tal au XXIe siè­cle è un feno­meno sia socio­lo­gico sia intel­let­tuale.

ECONOMIA ALLA ROVESCIA. SI PAGA PER POTER LAVORARE. G. MOTTOLA, Scandalo Coop rosse: si paga per lavorare, CORRIERE DELLA SERA, 1 settembre 2014

Quanto sareste disposti a pagare per avere un lavoro da seicento euro al mese? Non serve arrovellarsi troppo, una cooperativa sociale di Padova ha stabilito la cifra congrua: 4000 euro. Questa è la somma che la Codess, membro della Legacoop sociali, chiede ai propri dipendenti neoassunti. Che, almeno sulla carta, sono molto più che semplici dipendenti.