sabato 15 marzo 2014

GOVERNO RENZI E POLITICHE DEL LAVORO. P. ALLEVA, Precari per decreto e per sempre, IL MANIFESTO, 14 marzo 2014

è da essere indi­gnati, cer­ta­mente e anzi­tutto, per il con­te­nuto dell’annunziato Decreto che pre­ca­rizza defi­ni­ti­va­mente il mer­cato del lavoro​.La riforma del con­tratto di lavoro a ter­mine e di appren­di­stato che Mat­teo Renzi ha annun­ciato, come unica misura con­creta e imme­diata in mezzo allo scop­piet­tio dei suoi annunci di riforma, pre­clude per il futuro l’accesso ad un lavoro sta­bile a tutti i lavo­ra­tori gio­vani e adulti. Ma indi­gna­zione anche per il modo asso­lu­ta­mente pas­sivo con cui le forze poli­ti­che “di sini­stra” e le orga­niz­za­zioni sin­da­cali hanno accolto la noti­zia, anche per­ché pro­ba­bil­mente clo­ro­for­miz­zate dall’annunzio di una non disprez­za­bile “man­cia” elar­gita ai lavo­ra­tori sotto forma di sgra­vio Irpef.



Salvo gli oppor­tuni appro­fon­di­menti, la sostanza è comun­que chia­ris­sima e ine­qui­vo­ca­bile. Si vuole intro­durre la pos­si­bi­lità di sti­pula di un con­tratto di lavoro a ter­mine senza indi­ca­zione di alcuna cau­sale con durata lun­ghis­sima, fino a tre anni.
Si dirà, ipo­cri­ta­mente, che que­sto vale solo per il “primo con­tratto” a ter­mine tra lo stesso datore di lavoro e il lavo­ra­tore, ma l’ipocrisia è evi­dente, per­ché a ben guar­dare, il primo con­tratto a ter­mine acau­sale sarà anche l’ultimo, in quanto dopo i 36 mesi di lavoro scat­te­rebbe la regola legale, già esi­stente, secondo la quale con­ti­nuando la pre­sta­zione di lavoro il con­tratto si tra­sforma a tempo indeterminato.
Quale è, allora, la for­mula sem­pli­cis­sima che il Decreto offre e sug­ge­ri­sce al datore? Tenere il lavo­ra­tore con con­tratto acau­sale e alla sca­denza sosti­tuirlo. Dal punto di vista del lavo­ra­tore signi­fica cer­care ogni tre anni un diverso datore di lavoro, e ciò all’infinito, con­ce­dendo a Dio la dignità, e ras­se­gnan­dosi ad una totale sot­to­mis­sione a ricatti di ogni tipo, spe­rando di essere con­fer­mato a tempo inde­ter­mi­nato una volta o l’altra.
È evi­dente che così, lo stesso datore di lavoro nel suo com­plesso diven­terà una sorta di favola non tra­du­ci­bile in realtà. Rispondo subito ad una pre­ve­di­bile obie­zione: si dirà che però, secondo la bozza del Decreto, i lavo­ra­tori a con­tratto a ter­mine acau­sale non potranno supe­rare il 20% dell’occupazione azien­dale: si tratta comun­que di una per­cen­tuale assai alta (attual­mente i con­tratti pre­ve­dono il 10–15%), ed è evi­dente che quella “fascia” del 20% fun­zio­nerà come una sorta di anello esterno all’azienda, nella quale fini­ranno impri­gio­nati i nuovi assunti e dal quale usci­ranno solo per entrare in ana­logo anello di altra azienda.
Per i gio­vani e per i disoc­cu­pati, dun­que, vi è un solo futuro: restare per sem­pre pre­cari trien­nali, ora presso una azienda, ora presso un’altra, ma la stessa sorte attende i lavo­ra­tori già sta­bili i quali magari si sen­ti­ranno grati a Renzi per quella man­cia eco­no­mica nel caso doves­sero per qual­siasi ragione per­dere quel posto di lavoro.
Va poi aggiunto che il rispetto effet­tivo della per­cen­tuale mas­sima di occu­pati a ter­mine su un orga­nico è di dif­fi­cile moni­to­rag­gio: come si farà a sapere se l’azienda alfa di 100 dipen­denti o con 100 dipen­denti ha già col­mato la suo quota di 20 lavo­ra­tori a ter­mine? I dati già ci sareb­bero presso i Cen­tri per l’impiego, ma sono riser­vati. Occor­re­rebbe isti­tuire, presso i Cen­tri per l’impiego, una ana­grafe pub­blica dei rap­porti di lavoro per otte­nere l’indispensabile tra­spa­renza: sarebbe una dimo­stra­zione minima di one­stà da parte del governo e dell’azienda, ma dob­biamo con­fes­sare tutto il nostro scetticismo.
Resta da con­si­de­rare la con­for­mità di que­sto decreto alla nor­ma­tiva euro­pea in tema di con­tratto a ter­mine. Il peri­colo di abuso che la nor­ma­tiva Ue con­nette alla ripe­ti­zione di brevi con­tratti a ter­mine, è tutto con­den­sato nella pre­vi­sione di un lungo con­tratto a ter­mine acau­sale, dopo il quale, se il datore con­sen­tisse di con­ti­nuare la pre­sta­zione vi sarebbe la tra­sfor­ma­zione a tempo inde­ter­mi­nato, ma poi­ché non la con­sen­tirà, vi sarà una con­di­zione di disoc­cu­pa­zione e sot­toc­cu­pa­zione, per­ché il pros­simo datore di lavoro si com­por­terà nello stesso modo.
Il prin­ci­pio euro­peo che la bozza del Decreto con vistosa ipo­cri­sia ripete, per il quale la forma nor­male del con­tratto di lavoro è quella a tempo inde­ter­mi­nato, viene così non solo aggi­rato e vio­lato, ma ridotto ad una bur­letta e que­sto potrà essere fatto valere di fronte alla Corte di Giu­sti­zia Euro­pea. Per for­tuna, nel nostro paese fra il tanto dif­fuso con­for­mi­smo anche tra le forze poli­ti­che e sin­da­cali, esi­ste la coscienza cri­tica dei sin­goli ope­ra­tori indipendenti.
Resta da esa­mi­nare lo scem­pio del con­tratto di appren­di­stato che viene bana­liz­zato, eli­mi­nando qual­siasi severo con­trollo sulla effet­ti­vità della for­ma­zione pro­fes­sio­nale ed eli­mi­nando altresì quella ele­men­tare regola anti­frode per la quale non pote­vano essere con­clusi nuovi con­tratti di appren­di­stato dal datore di lavoro che non avesse con­fer­mato a tempo inde­ter­mi­nato i pre­ce­denti appren­di­sti. È evi­dente che una regola di que­sto genere andrebbe intro­dotta anche per la pos­si­bile sti­pula di con­tratti a ter­mine ed, invece, la volontà di eli­mi­narla ove già esi­ste, e cioè nell’apprendistato, dimo­stra quali sono le vere inten­zioni del governo di Mat­teo Renzi.

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