mercoledì 17 aprile 2013

RICCHI ITALIANI ALLE ANTILLE. Vittorio Malagutti, Leo Sisti e Michele Sasso, I nababbi coi soldi alle Antille, L'ESPRESSO, 11 aprile 2013







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SECONDA PUNTATA
C'è il capitano d'industria e l'ex pilota diventato (senza gran fortuna) il patron di una compagnia aerea. E poi il guru del fisco insieme agli eredi di un celebre archistar. Storici produttori cinematografici e gli ultimi padroni di Postalmarket. Tutti a caccia di affari, ma dietro lo schermo di società con base nelle Antille o in Polinesia. Il catalogo degli italiani offshore, anonimi frequentatori di trust e riservatissime holding, promette molte sorprese. Eccoli, allora, i nomi. Un primo elenco che "l'Espresso" ha rintracciato tra gli oltre 200 nostri connazionali citati nel gigantesco archivio svelato grazie al lavoro dell'International Consortium of Investigative Journalists. Va precisato che non è di per sé un reato controllare società in paradisi offshore come le isole Cook o le British Virgin Islands. Entrambi questi staterelli sono però inseriti nella black list dell'Agenzia delle Entrate, cioè a forte sospetto di evasione fiscale per i contribuenti che si rifugiano da quelle parti.

EMIGRARE CONVIENE. «Via dall'Italia per poter crescere». Parola di Bruno Capone, commercialista romano, che dalle colonne del quotidiano "Italia Oggi" sprona così le aziende nostrane a trasferirsi all'estero. Lo slogan è un programma d'azione. E infatti Capone si è già personalmente organizzato per tempo. Il suo nome compare due volte nel database. Il professionista, che è tra i fondatori dello studio tributario internazionale Lextray, viene qualificato come "beneficial owner" di due società delle British Virgin Islands: la Oriental Bloome e la Autumn Breeze Enterprise. Secondo i documenti che "l'Espresso" ha potuto consultare, Capone è stato indirizzato verso quel gettonatissimo paradiso fiscale caraibico dalla filiale di Singapore della banca svizzera Ubs. Del resto, la stessa Lextray vanta una sede nella città-Stato asiatica diventata un porto sicuro per la gestione di enormi capitali provenienti dall'Europa, dagli Stati Uniti e dalla Cina. Capone fa il consulente, cioè suggerisce soluzioni ai clienti che si rivolgono al suo studio. In questo caso però la qualifica di "beneficial owner" (beneficiario) segnala che le due finanziarie off shore appartengono a lui.«Non ne so niente», ha commentato Capone, interpellato da "l'Espresso". Non è la prima volta che il suo nome sale alla ribalta delle cronache. Nel 2008 viene più volte citato nelle carte dell'inchiesta giudiziaria sulla presunta tangente per la vendita della compagnia telefonica Wind, ceduta tre anni prima da Enel al magnate egiziano Naguib Sawiris. L'indagine è poi finita sul binario morto dell'archiviazione.

MI MANDA CAPONE. Nessuna conseguenza, quindi, per Capone che negli anni è riuscito a conquistarsi la fiducia di un'ampia platea di clienti. Oltre Singapore, la sua Lextray, con sedi a Milano e Roma, vanta uffici a Lugano, Londra, Dublino, Lussemburgo e anche in Tunisia. Sarà un caso, ma nel database compaiono anche i nomi di altri imprenditori legati a lui. Nella lista troviamo per esempio le famiglie Barzan e Grande, che fino a un paio di anni fa si spartivano il controllo del gruppo Altay, marchio importante a livello internazionale con un'offerta che va dalle apparecchiature elettromedicali fino alla gestione dei grandi cantieri.

Scorrendo il lungo elenco di entità offshore si scopre il nome di Alberto Barzan, 72 anni, presidente e consigliere delegato di Altay holding. Al suo nome vengono collegate le società Glass Gear investments, Pristine Sand Cor e Peak Star, di cui Barzan viene indicato come il "beneficial owner". Fino al 2010, invece, sulla poltrona di presidente di Altay holding sedeva Giovanni Grande, anche lui menzionato nella lista come beneficiario della Powell Town Enterprise e della Rosehill Offshore, entrambe nelle Isole Vergini. Ovvero lo stesso indirizzo di Ledbury Assets e Sheaffer Holding, a cui risulta invece associato il nome di Alfredo Grande, figlio di Giovanni e consigliere delegato di Altay holding fino a gennaio 2011. Di ritorno da questo lungo giro ai Caraibi si arriva ancora a Capone che per alcuni mesi, nel 2004, ha fatto parte del collegio sindacale della Altay holding allora controllata dai soci Barzan e Grande.

IL REUCCIO DELLA LOGISTICA. Porta in qualche modo a Capone anche la complicata e avventurosa storia dell'imprenditore romano Pierino Tulli, presente nella lista come beneficiario dell'Original Trade Limited, delle Virgin Islands. Tulli, classe 1941, nasce come edicolante, poi a 40 anni il grande salto con una cooperativa di trasporti. Si butta nella logistica con la Cisco Italia e finisce anche nelle cronache calcistiche acquistando la squadra romana del Lodigiani, ribattezzata, appunto, Cisco. Non mancano gli incidenti di percorso. Il più recente risale all'estate scorsa quando finisce in liquidazione il Consorzio interporto di Fiumicino, con Tulli presidente. E' in liquidazione anche la Ifitel, fallita nel 2012 così come altre cinque società di cui Tulli era amministratore o azionista fino a poche settimane prima che chiudessero i battenti. Capone si trova a incrociare anche la sfortunata parabola dell'Ifitel: è lui, a rappresentare in Italia la finanziaria lussemburghese Bengali, azionista della società presieduta, prima del fallimento, da Tulli.

CARAIBI BIOTECH.Tutt'altra storia è quella di un'azienda in crescita come la milanese Gnosis, settore biotecnologie, con oltre 50 milioni di giro d'affari e 5 milioni di profitti. Nell'archivio offshore il nome di Gnosis è collegato come "shareholder", cioè azionista, della società Fermentas Technology nelle British Virgin Islands. Il gruppo lombardo, stabilimento in Brianza, a Desio, e filiali in Svizzera e Stati Uniti, fa capo per il 50 per cento alla famiglia Maccaferri, proprietaria dell'omonimo gruppo di ingegneria e costruzioni. Tra i soci anche l'amministratore delegato Marco Berna e con una piccola quota l'imprenditore Aldo Bassetti.

ARCHISTELLINE. Si torna a Milano anche seguendo un'altra pista dell'immenso database. Questa volta si va ad incrociare il nome della famiglia di Antonio Citterio, celebrato archistar che vanta incarichi e progetti importanti da un capo all'altro del pianeta: ha firmato anche una delle opere per l'Expo 2015. Helen e Peter Citterio, figli dell'architetto milanese, risultano beneficial owner del Baker Street trust, costituito nelle Isole Vergini.

L'UOMO DI MARMO. Il romano Carlo Mariotti, erede di una dinastia di marmisti che conta ormai quattro generazioni, viene invece citato come azionista e "director" della Dragon Year Resources. Suo nonno ha rivestito il Palazzo di Giustizia e l'Eur a Roma, mentre Carlo dall'inizio degli anni Sessanta esporta il travertino come rivestimento dei grattacieli: il Lincoln Center di New York è il primo edificio completamente rivestito di marmo Mariotti. E' il successo che apre la strada al prestigioso World Trade Center di New York, le Torri gemelle distrutte nel 2001, fino al Paul Getty Museum di Los Angeles progettato dall'archistar Richard Meier. L'85enne Carlo ha ormai passato la mano ai figli, ma nel trust oltre al suo nome compare anche quello della moglie Stefania Mussino.

ALL'OMBRA DEL TITANUS. Lo scorso marzo, a Roma Guido Lombardo, figlio del produttore cinematografico Goffredo, ha festeggiato il lancio della sua ultima fiction dedicata al poeta Trilussa. Lombardo vuol dire Titanus, una casa più che centenaria: è, essa stessa, la storia del cinema italiano: "Il bidone", "Rocco e i suoi fratelli" e il "Gattopardo" sono alcuni titoli del suo glorioso passato. Poi la Titanus cambia pelle puntando sui "tv movie". Ma nel 2002 Goffredo Lombardo sente la necessità di un trust. Diventerà così il "protector", cioè il garante, dell'"After Trust", creato nelle Cook Islands con una procedura seguita dal suo avvocato romano Antonio Saffioti, testimoniata dal pagamento di alcune fatture. Poi, nel febbraio 2005, Goffredo Lombardo muore e allora il suo legale informa del fatto il trust, dando disposizioni perché il figlio Guido sostituisca il padre nel ruolo di "protector".

IN GALLERIA. Il 18 novembre 2012 muore a Roma John Stanley Allen, un inglese colto, amante dell'arte. Ed è proprio questo il campo nel quale ha raggiunto la fama nella capitale, ma non solo. Perché il suo nome è legato alla galleria "La Medusa", un'avventura condivisa con l'amico Claudio Bruni Sakraischick. Insieme i due hanno costruito un luogo storico dove sono state vendute litografie e acqueforti dei grandi nomi. Come Alechinsky, De Chirico, Picasso, Miró, Severini. In mezzo a tutto questo, anche un trust, il "Norwell Trust", basato nelle Isole Vergini. Dove, nella scheda relativa, John Stanley Allen viene indicato con il suo indirizzo romano: Via Margutta 30.

BAGHERIA PROMOTION. Il 20 febbraio scorso Luigi Lo Balbo, di San Fratello (Messina), fa nascere a Roma la società "Stella Chiara", che si occupa di immobili residenziali e alberghi. Ma il nome non è nuovo. E' lo stesso personaggio che si muove dietro varie offshore o trust, come "Tiara", "Linette Hill Corp" "Marlo Trust", nelle Isole Vergini, di cui è ora "director", ora "trustee" (fiduciario). E che riportano il suo indirizzo italiano di Bagheria (Palermo). Settore di sviluppo: promozione e marketing, in campo alberghiero, ma anche pubbliche relazioni. Come dimostra il suo curriculum vantato presso il "Palmer Hospitality Group" di Los Angeles, dove viene presentato come uomo che ha lavorato per Armani, Versace e Coveri.

LADY EXPORT. L'indirizzo è prestigioso: Via Turati 7, nel cuore di Milano. E' qui la sede della Finasi srl, un gruppo attivo in molti settori, con filiali in Russa e Sudan: fornitura di serbatoi "chiavi in mano" per lo stoccaggio del petrolio grezzo, a Bassora, in Iraq; attrezzature ospedaliere in Africa, Centro e Sud America; vendita di mobili per arredamento a hotel e ambasciate. Al centro di questa piccola multinazionale, lei, una donna manager, Enrica Maria Aristidina Pinetti, classe 1948, originaria dell'Oltrepo pavese. Sotto il suo nome, a volte come azionista, a volte come "director", cioè amministratore, sono state registrate nell'aprile 2008 sette società alle British Virgin Islands: Finasi Engineering Arca Magna for Heritage Conservation, Medfin Engineering Ltd, Finmed Design Consultancy SA, Finasset General Contractor, Hasep Holding Ltd, Asico Consulting Group Ltd. Hanno tutte sede presso il Trinity Group di Dubai. Si distinguono per un particolare: quasi sempre il "director" Pinetti lascia l'incarico dopo un anno. Altro dettaglio. Per l'apertura di queste "sette sorelle" i diligenti impiegati delle isole caraibiche chiedono certificati di residenza che risultino dalla patente, ma anche da una semplice bolletta dell'elettricità.


LA ROTTA DEL COMANDANTE. A Gallarate, poco lontano dall'aeroporto di Malpensa, si trova il domicilio di Giuseppe Gentile, ex pilota e, dallo scorso gennaio, anche ex amministratore delegato della compagnia nata nel 2011 dalla fusione tra Meridiana Fly, di proprietà dell'Aga Khan, e la sua Air Italy. Avventura sfortunata, che ha visto Gentile messo alla porta appena un anno e mezzo dopo l'annuncio trionfale della joint venture con l'inventore della Costa Smeralda. Il comandante, figura storica dell'aviazione civile italiana, nel 2005 aveva fondato Air Italy con una flotta di dieci Boeing. E due anni prima risulta legato alla Mariri Holdings Limited, creata a Samoa negli atolli del Pacifico, nel duplice ruolo di azionista e "director".

PADRONI DI POSTALMARKET. Dal Varesotto al Friuli produttivo, entriamo in una saga familiare, segnata da dispute ereditarie, sullo sfondo di trust italiani e del Far East. A Udine ha fatto epoca la fortunata crescita del gruppo Bernardi, oltre 100 negozi di abbigliamento venduti nell'estate del 2012 alla Coin e celebre anche come ultimo proprietario della storica Postalmarket. Ma il fondatore, Riccardo Di Tommaso, morendo nel 2010, ha lasciato dietro di sé strascichi, non ancora del tutto risolti, legati alla successione. Che vede in campo, da una parte, gli eredi di famiglia, la moglie Fiorella e i due figli, Diego e Silvia; dall'altra, la compagna Ivana Colombo e la figlia, Francesca, avuta con Riccardo. In ballo, 15 milioni di euro rivendicati da Ivana, sulla base di un debito, riconosciuto nei suoi confronti, da Riccardo Di Tommaso, ma contestato dagli altri comprimari della vicenda. In mezzo, l'esistenza di alcuni trust: uno a Londra, un altro in Lussemburgo e un altro italiano, a Bologna. Ma ce ne sono ancora altri quattro, uno costituito alle Isole Vergini (Charlize Universal) e tre a Singapore (Cashmere, Silk e Cotton). Dove vengono citati, qua e là, come beneficiari,Silvia (Silk) o Ivana e la figlia Francesca (Cashmere). Ora però questi quattro trust sarebbero stati estinti. L'ha voluto lo stesso Riccardo nel 2009, "italianizzandoli" grazie allo scudo fiscale. Con tanto di distribuzione del contenuto, alcuni milioni di euro, di cui due finiti, sembra, a Ivana. Denaro e liti che si intrecciano dalle nebbie del NordEst al sole dei Tropici
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PRIMA PUNTATA


Leo Sisti, I segreti dei paradisi fiscali


E' un data base colossale, che permette di penetrare nei segreti di 122 mila società create nelle British Virgin Islands, nel mar delle Antille, e nelle Cook Islands, sperduto arcipelago del Pacifico a più di tre ore d'aereo dalla Nuova Zelanda. Sono due paradisi fiscali, la patria delle società offshore e dei trust che rendono complesso individuare chi si nasconde dietro questi elaborati schemi finanziari. Ma adesso è possibile ricostruire parte dell'attività di due vere e proprie multinazionali ombra che da queste isole esotiche muovono più di mille miliardi di dollari: somme in grado di destabilizzare l'economia del pianeta. Una è la Commonwealth trust law Ltd (Ctl), sede nelle British Virgin Islands. La seconda si chiama Portcullis TrustNet (Ptn), fondata nelle Cook Islands, poi spostata a Singapore, con uffici in 16 altre località, dalle British Virgin Islands alle Caymans, da Hong Kong alle Mauritius e Seychelles. I suoi clienti provengono da 140 Paesi: tra 45 e 77 mila da Cina, Taiwan, Singapore e altre nazioni asiatiche; 4 mila da Usa e Canada; 1.300 dall'Unione europea. I servizi di questo Trust sono usati da grandi banche come Ubs, Deutsche Bank, Clariden, dal gruppo Credit Suisse e da società di revisione come Price WaterhouseCoopers, Deloitte e Kpmg.

E' un sistema opaco, scandagliato dal media network di Washington, The International consortium of investigative journalists (Icij), con la collaborazione di 86 giornalisti investigativi di 46 Paesi, appartenenti a 38 testate: dal "Washington Post" al "Guardian", da "Le Monde" a "El Pais" e a "Suddeutsche Zeitung". Inoltre, tra le televisioni, la "Bbc" e la "Canadian broadacsting corporation (Cbc)". Per l'Italia Icij ha scelto come partner esclusivo "l'Espresso".

In 15 mesi di lavoro sono stati esaminati due milioni e mezzo di file che abbracciano un arco di trent'anni in 170 Paesi. Per avere un'idea delle dimensioni, basta pensare che WikiLeaks di Julian Assange ha diffuso 252 mila cablo delle ambasciate Usa con una pen drive da 1,64 GB mentre questa radiografia della finanza offshore è 160 volte più grande: 260 GB. Un flusso di dati che analizza decine di migliaia di transazioni finanziarie, tra quelle perfettamente legali, e altre, illegali, a volte utilizzate per far girare tangenti, in uno scenario dove spiccano anche despoti, spie, trafficanti d'armi e uomini dei cartelli della droga.


Frugando nelle carte si fanno a volte scoperte sorprendenti. Ci si può imbattere nella Candonly Ltd, una società irlandese già entrata nell'indagine milanese su "Oil for food", cioè il programma umanitario delle Nazioni Unite che, durante l'embargo posto all'Iraq di Saddam Hussein fu usato dal regime per finanziare politici e imprenditori amici. Ebbene, la Candonly era un canale usato da un affarista italiano, prima condannato e poi salvato dalla prescrizione, vicino all'ex governatore della Lombardia Roberto Formigoni, per far circolare tangenti. Ora però salta fuori che chi l'amministrava era Jesse Grant Hester, gestore di 1.500 altre entità, tra Isole Vergini, Gran Bretagna e Nuova Zelanda.

Ma ci sono altri esempi. Emergono dai file i patrimoni accumulati da miliardari indonesiani legati al dittatore Suharto, morto nel '98. L'americana Denise Rich, moglie del finanziere Marc, residente in Svizzera e accusato di evasione fiscale negli Usa, ma salvato dal perdono di Bill Clinton, disponeva nel 2006 di 144 milioni di dollari in un trust delle Cook Islands. Qui è approdata anche la baronessa Carmen Thyssen-Bornemizsa per acquistare, alle aste di Sotheby's e Christies, alcuni quadri, tra cui il dipinto di Van Gogh "Mulino ad acqua a Gennep", per il suo museo spagnolo.

In queste pagine "l'Espresso" presenta i primi quattro casi di società legate a cittadini italiani, su circa 200 che risultano collegati al sistema offshore, senza che dai documenti emergano illeciti. Un trust delle Cook Islands che ha come "protector" Gaetano Terrin, all'epoca commercialista dello studio Tremonti. Una offshore che indica come beneficiario Fabio Ghioni, hacker dello scandalo Telecom. Un complesso sistema finanziario legato a tre famiglie di imprenditori e gioiellieri. Infine un trust che riporta come direttori i commercialisti milanesi Oreste e Carlo Severgnini.




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