lunedì 30 aprile 2012

DALLA RELIGIONE COME OPPIO DEI POPOLI ALLA COCAINA SUL POSTO DI LAVORO. UGOLINI B.,L’uso della cocaina al posto dei diritti, L'UNITA', 30 aprile 2012

C’è un fenomeno nuovo che incombe sul mercato del lavoro, quello che si vorrebbe riformare. È l’uso non di nuove relazioni industriali onde dare al lavoratore dignità, diritti, un ruolo da protagonista, bensì «stupefacenti per lavorare meglio». La cocaina al posto di contratti moderni.


Un tema delicato affrontato in un dossier da Adapt, un’associazione fondata da Marco Biagi (www.adapt.it). Sostiene in uno dei saggi Mariagrazia Acampora: «incrociando dati giornalistici, medici e assicurativi ci si rende conto che il fenomeno dell’assunzione di stupefacenti da parte di lavoratori, al fine di rendere migliori prestazioni, di essere maggiormente competitivi o reggere difficili turni di lavoro, è sempre più rilevante». Non ci sono solo gli edili a cottimo che vedono, nel triangolo dell’edilizia (Milano, Bergamo, Brescia), un consumo di sostanze stupefacenti cresciuto, negli ultimi dieci anni, di quasi il 50%. Il fenomeno investe le più diverse categorie dagli autisti pubblici, ai manager, ai chirurghi.
Perché la rapida diffusione di tali sostanze? Osserva tra l’altro Giacomo Bianchi come per alcuni sociologi «in una società come quella attuale caratterizzata da continui cambiamenti, evoluzioni e accelerazioni sia tecnologiche che informatiche, l’individuo tende a utilizzare sostanze psicoattive per raggiungere un equilibrio interiore perennemente minacciato da questi fenomeni… ». Mancano spesso, inoltre, come sottolinea Sara Autieri, precise norme di controllo. Nascono così anche le più diverse interpretazioni ad esempio a proposito di infortuni. A chi va la responsabilità tra datore di lavoro e lavoratore? E il padrone è legittimato a licenziare il lavoratore una volta accertato l’utilizzo da parte di questi di droghe sul posto di lavoro? Il dossier presenta numerose casistiche, basate su sentenze, norme, leggi. Esiste anche la possibilità, una volta accertato l’uso di stupefacenti, di «finanziare il percorso riabilitativo del lavoratore per poi, al termine dello stesso ed in seguito alle dovute visite di accertamento, reinserirlo nella mansione originaria». È del resto, una problematica che non investe solo l’Italia. Sempre nel dossier di Adapt Alessandra Innesti spiega come l’Inghilterra goda di un primato in questo campo, soprattutto tra i professionisti. Mentre negli Stati Uniti, i consumatori maggiorenni di droghe illegali nel 2007 erano 17,4 milioni; di questi, 13,1 milioni, ovvero il 75,3%, erano lavoratori occupati part-time o full-time. Una percentuale salita al 77% nel 2009.
È un allarme per il mondo del lavoro. Testimonia come una corsa alla produttività spesso privata del consenso necessario spinga alla ricerca di mezzi individuali per sopravvivere.

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