martedì 15 dicembre 2015

ECONOMIA E AGRICOLTURA. IL GOVERNO DELLA CONTRAFFAZIONE. L. ZANINI, La rivolta degli olivicoltori No al colpo di spugna sulla truffa dell’extravergine, CORRIERE DELLA SERA, 15 dicembre 2015

Dopo la figuraccia internazionale che gli arresti di inizio novembre avevano procurato all’Italia — sette produttori indagati dalla Procura di Torino per frode, perché vendevano l’olio d’oliva come extravergine (leggi l’articolo del Corriere sfiorando l’icona blu) —, i commercianti di olio extravergine d’oliva che non rispettano le norme europee e italiane sulla contraffazione alimentare rischiano di farla franca. Arriva domani alla Camera infatti, in discussione in Commissione Agricoltura e Giustizia alle 14, la nuova legge sulla contraffazione, un testo che — sorpresa — depenalizzerebbe il reato salvando chi inquina e rovina l’immagine del made in Italy agroalimentare. Di fatto, gli imbroglioni, quelli che invece di mettere in bottiglia extravergine versano nelle confezioni semplice olio d’oliva (quando non si tratta di miscele di olii di dubbia provenienza) se la caverebbero con una ammenda: da 1600 a 9500 euro. Fino ad oggi, invece, l’articolo 517 quater del Codice penale puniva con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a 20 mila euro chi si macchiasse del reato di contraffazione alimentare. Per questo, contro il provvedimento che minaccia di vanificare anni di lotta contro l’«italian sounding» (la pratica di marchiare con nomi italiani fuorvianti prodotti alimentari realizzati all’estero) e per la qualità garantita dei prodotti made in Italy, migliaia di olivicoltori e frantoiani sono in rivolta. Da giorni, sui giornali di settore, non si fa che parlare della legge-truffa. E ieri la questione è approdata anche sul Gambero Rosso.

La denuncia: barare sull’origine costerà poco

L’attacco più duro viene dal sito specialistico dedicato all’agroalimentare tricolore «Teatro Naturale»: nessuno poteva immaginare che, dopo le polemiche sull’Italian sounding e le recenti inchieste giudiziarie, il governo arrivasse a depenalizzare il reato di contraffazione del Made in Italy. «All’azienda in odor di controlli basterà insomma farsi comminare la multa fino a 9500 euro per veder automaticamente risolta ogni pendenza con lo Stato», scrive sulla rivista online Alberto Grimelli (leggi l’articolo sfiorando l’icona blu). «Apparentemente il governo tutela la salvaguardia penale, con la frase iniziale “salvo che il fatto non costituisca reato”, ma è solo fumo negli occhi». Perché la Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 4 marzo 2014 (Grande Stevens e altri c. Italia) cita: «... l’articolo 2 del Protocollo n. 7 vieta anche il «doppio giudizio» per gli stessi fatti. Un procedimento penale non può quindi essere aperto per gli stessi fatti oggetto di una decisione amministrativa definitivamente confermata dai tribunali e passata quindi in giudicato...». Significa, spiega Grimelli, che «nel caso venga comminata la sanzione amministrativa prevista dalla bozza di decreto legislativo del governo (ndr. quella che sarà esaminata domani), e la stessa non venga impugnata, è di fatto vietato alle Procure anche solo aprire un fascicolo per “Contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari”». Viene quindi vanificato il contenuto dell’articolo 517 quater del Codice penale.

Saranno «disarmati» Nas, Gdf e Corpo forestale

Non bastasse, all’articolo 10 della nuova legge, il comma 1 individua nell’Icqrf (Ispettorato Repressione frodi) «l’unico responsabile dell’irrogazione delle sanzioni», anche se la violazione delle stesse può essere accertata anche da altri organi dello Stato. Il che impedirà nuovi blitz e arresti da parte di Corpo Forestale dello Stato, Carabinieri dei Nas, Guardia di Finanza e altre forze dell’ordine che si occupano di verifiche nelle aziende dell’agroalimentari. Il loro ruolo viene depotenziato a quello di semplici accertatori: un volta accertata la violazione di falso made in Italy, non dovranno più trasmettere la notizia di reato alle Procure ma trasmettere il verbale alla Repressione frodi che si occuperà, nel ruolo di giudice, di comminare le multe alle aziende frodatrici.

La corsa della relatrice contro il «regalo ai truffatori»

Sul Gambero Rosso, Stefano Polacchi non usa mezzi termini: «La bozza di decreto sulla commercializzazione e le caratteristiche dell’olio d’oliva sembra un regalo di Natale ai truffatori». E ironizza: «Sotto l’albero avremo tanto olio taroccato. Anzi, no… dovremo dire che avremo tanto olio con etichette difformi rispetto agli obblighi di legge e per i quali pertanto i produttori (meglio: i commercianti) avranno – forse – pagato una multa». Interviene sul tema anche Slow Food: «In un momento in cui la filiera dell’olio extravergine si dimostra tra le più sensibili e appetibili per le frodi alimentari — dice il presidente Gaetano Pascale —, riteniamo sia un grave errore allentare la morsa depenalizzando i reati connessi alla falsa etichettatura degli oli extravergini. La sola sanzione amministrativa per le truffe connesse rischia di diventare una sorta di tassa con cui i soggetti intenzionati a delinquere si affrancano da questo grave reato».
Correndo ai ripari, la relatrice della bozza di Decreto Legislativo in commissione, alla Camera, l’onorevole dem Colomba Mongiello — che ha il merito di esser stata la prima firmataria della famosa legge «salva-made in Italy» o salva-olio, la prima che verrebbe smontata da questo nuovo provvedimento di legge — sarebbe intenzionata a far ritirare l’intero provvedimento da parte del Governo. In alternativa, cercherebbe di alzare in maniera proporzionale il prezzo della sanzione. Che i produttori onesti vorrebbero pari al guadagno fraudolento realizzato dai truffatori vendendo falso olio extravergine.

«Sentiremo produttori e magistrati»

«Domani cominceremo l’iter del provvedimento e io chiederò al ministro Maurizio Martina (ndr. titolare dell’Agricoltura) di approfondire il decreto — spiega —. Proporrò alla commissione di audire tutti i soggetti interessati: le organizzazioni, anche il dottor Caselli (ndr. Giancarlo Caselli, direttore dell’Osservatorio contro le Agromafie) che è presidente della task force del guardasigilli Orlando per i reati agroalimentari. In questo modo arriveremo a modificare il testo». Mesi fa durante l’Expo di Milano, l’onorevole Mongiello aveva presentato la relazione sull’olio italiano «frutto di un lungo lavoro anche con le Procure che hanno indagato sui reati dell’olio»: Torino, Siena, Bari, Trani e altre. Il dossier affronta le diverse questioni partendo da una legge votata nella scorsa legislatura sulla trasparenza dell’olio «che prevede un mix tra sanzioni amministrative e norme penali: una legge ampiamente utilizzata dalle diverse procure, che ha già dimostrato la sua efficacia».

Fatturati milionari bloccati dalle Procure

La cosiddetta legge salva-olio prevede le intercettazioni, il reato di associazione mafiosa in ambito agroalimentare... «che senso ha ora depenalizzare, quasi con un colpo di spugna — si chiede Mongiello, che è anche vice presidente della Commissione contraffazione — cancellare tutta questa esperienza? Non riesco a comprendere come mai arrivi alla Camera questo testo che prevede solo sanzioni». E aggiunge: «La nostra relazione approfondiva le problematiche e suggeriva come migliorare il quadro delle norme penali. Ora scopriamo che l’articolo 4 prevede solo sanzioni sulla errata etichettatura: la sanzione massima di 9500 euro è ridicola! — sbotta la relatrice —, basti pensare che soltanto l’ultimo sequestro di olio effettuato a Bari riguarda merce per un fatturato da 10 milioni di euro». Per concludere: «Questa bozza (di cui io non sapevo nulla) cerca di vanificare il nostro lavoro. Non possiamo mostrarci deboli nei confronti dei truffatori, perché così non si fa altro che incentivare i sofisticatori e l’agro-pirateria, ai danni di produttori e consumatori . Mi pare ovvio che questa legge non deve passare, cercherò di far ragionare il ministro Martina e tutta la commissione perché il nostro lavoro non vada buttato». Tra l’altro, annuncia, «c’è un testo di legge più ampio, su tutti i reati agroalimentari — curato da Caselli — che il ministro di Grazia e Giustizia Orlando presenterà all’inizio del 2016».

Lo scandalo sui giornali inglesi

A novembre, lo scandalo (succulento per la stampa estera e scivoloso come l’olio per l’Italia) dell’extravergine d’oliva fasullo aveva spinto The Guardian (ma anche The Telegraph) a titolare: «L’extra vergine (coperto dal) ridicolo: i produttori di olio di oliva italiani accusati di truffa» (leggi l’articolo in inglese sfiorando l’icona blu). Per poi snocciolare un elenco che — sugli scaffali dei supermercati britannici — è già costato davvero caro ai nostri principali produttori di extravergine commerciale, comunque teoricamente garantito (nel contenuto di olive selezionate) dalla normativa vigente. Dalla stampa inglese erano giunte critiche al vetriolo: «Non è la prima volta che l’olio di oliva italiano finisce sotto inchiesta — ricordava il Guardian —. Nel 2012, gli inquirenti italiani accusarono alcuni dei più grandi produttori di aver “allungato” l’olio d’oliva prodotto in Italia con olii meno costosi importati da Spagna, Grecia, Marocco e Tunisia». E citava anche «un caso in cui un importante commerciante di olio d’oliva, Domenico Ribatti, venne incarcerato per aver tentato di far passare olio di nocciola turca per olio d’oliva». E non c’è solo l’inchiesta di Torino: pochi giorni fa la Direzione Distrettuale Antimafia di Bari ha messo sotto indagine 7000 tonnellate di falso Made in Italy, indagati 6 titolari di aziende tra Fasano e Monopoli che miscelavano prodotti da Siria e Nord Africa.

«La sanzione? Dovrebbe essere da 30 milioni di euro»

Nel 2014 la differenza di prezzo tra un extra vergine Made in Italy e uno Made in Ue, senza considerare quelli extra Ue, era di 1-1,5 euro. «Spacciando per made in Italy un olio comunitario, l’utile per l’azienda variava quindi da un minimo di 7 milioni di euro fino a un massimo d 10,5 milioni di euro — spiega Teatro Naturale —. Una multa da 9.500 euro è un buon deterrente? Se proprio volessimo depenalizzare il reato dovremmo rendere davvero deterrente la sanzione pecuniaria, rendendola pari al fatturato generato dalla frode. Nel caso specifico, secondo i calcoli degli inquirenti, la sanzione potrebbe essere di circa 30 milioni di euro. Questo sì costituirebbe un buon deterrente».

Danno di immagine e miliardi bruciati

L’olio extravergine, considerato alla base di una vita sana e della dieta mediterranea, «è stata a lungo l’obiettivo preferito di truffatori che approfittano dell’ignoranza dei consumatori», ricordano gli inglesi. E contestando «l’immobilismo del ministero dell’Agricoltura italiano», il londinese The Guardian aveva pubblicato l’elenco dei cattivi: «La polizia di Torino sta indagando su 7 società - Carapelli, Bertolli, Santa Sabina, Coricelli, Sasso, Primadonna, e Antica Badia - i cui extra vergine vengono analizzati attraverso campioni» di varia provenienza. Consigliando ai consumatori inglesi: «Cercate in etichetta se trovate l’esatto luogo di produzione dell’extra vergine che state per comprare: non basta vedere la bandiera italiana per fidarsi». E se la nuova legge dovesse passare, cosa accadrà ai nostri prodotti agroalimentari sugli scaffali di mezzo mondo? Materie prime di grande qualità potranno essere confuse con prodotti di seconda o terza scelta spacciati per il top del made in Italy: mentre alcuni produttori poco onesti guadagneranno fino a 30 milioni di euro l’anno di utili aggiuntivi (il calcolo è di Teatro Naturale) mettendosi al riparo con una sanzione da 9500 euro, l’intero comparto perderà la faccia. E miliardi di introiti.

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