lunedì 29 settembre 2014

GOVERNO RENZI E JOBS ACT. SAPPINO L., Jobs act, non basta lo stop all'articolo 18. Ora le aziende potranno demansionare, L'ESPRESSO, 17 settembre 2014


Nell'emendamento della maggioranza, c'è il contratto a tutele crescenti, bandierina programmatica del premier Matteo Renzi, che dovrebbe, se il parlamento approverà la legge delega così come modificata su indicazione dell'esecutivo, sostituire il contratto a tempo indeterminato, per i nuovi assunti. I dettagli si conosceranno con i decreti delegati che spetteranno al governo dopo l'approvazione della delega, ma l'idea di base è la sospensione dell'articolo 18 nei primi sei mesi di contratto, per tutti.



C'è poi, e potrebbe essere una buona notizia, l’estensione del salario minimo ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, ai co.co.co. Spetterà sempre al governo spiegare come e quanto, ma l'emendamento dice che bisognerà provvedere all'“introduzione, eventualmente anche in via sperimentale, del compenso orario minimo, applicabile ai rapporti aventi ad oggetto una prestazione di lavoro subordinato, nonché nei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, nei settori non regolati da contratti collettivi”.

Poi però, nell'emendamento, c'è anche l'idea di sdoganare, nelle aziende, il demansionamento. Toccherà ancora al governo mettere insieme, infatti, “una revisione della disciplina delle mansioni, contemperando l’interesse dell’impresa all’utile impiego del personale in caso di processi di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione aziendale con l’interesse del lavoratore alla tutela del posto di lavoro, della professionalità e delle condizioni di vita, prevedendo limiti alla modifica dell’inquadramento”.

Si incide sempre sull’articolo 4 della legge delega, incardinata al Senato. E si modificherà, nei fatti, come richiesto più volte da Confindustria, l’art. 13 dello Statuto dei lavoratori che però, stabilendo il diritto del lavoratore al trattamento corrispondente all'attività svolta, prevede già per “comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive”, la possibilità di un trasferimento ad altra “unità produttiva”.

Insomma, cosa dovrebbe cambiare? “Oggi, se tu sei assunto come operaio” spiega all’Espresso Daniele Leppe, avvocato del lavoro, “e nel corso degli anni cresci professionalmente all'interno dell'azienda e diventi impiegato o tecnico specializzato, acquisisci per legge il diritto al coerente inquadramento e agli scatti di retribuzione”. E’ l’articolo 2103 del codice civile. “Il nostro ordinamento” contina Leppe “proibisce il demansionamento, e prevede il reintegro e il pagamento del danno retributivo in caso di illecito”. Modificando queste norme, insomma, si metterebbe a rischio “la crescita dei lavoratori, la possibilità di aggiornamento, e il loro diritto a una corretta retribuzione”, oggi invece tutelate.

Insomma, “è tale il disvalore giuridico riconosciuto nel nostro ordinamento al demansionamento che la Corte Costituzionale ha più volte riconosciuto che dalla violazione da parte del datore di lavoro del diritto del lavoratore di essere adibito nelle mansioni che gli spettano possono derivare danni di vario genere: danni alla professionalità, danni alla persona ed alla sua dignità, danni alla salute psichica e fisica”.

E, invece, con le modifiche che si prospettano (sempre sapendo che i dettagli sono rimandati ai decreti attuativi che arriveranno in seguito all’approvazione della delega), il rischio è che “le aziende abbiano carta bianca nel dequalificare i lavoratori”. Una modifica importante, soprattutto se la si considerata in combinazione al nuovo contratto a tutele crescenti: “se qualcuno si opporrà alla scelta datoriale, il datore di lavoro potrà tranquillamente licenziarlo, visto che il lavoratore non potrà neanche più giovarsi dell'art. 18”

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