giovedì 18 luglio 2013

CAPITALISMO ALL'ITALIANA. SERGIO BOCCONI, Ligresti, ascesa e tramonto di una famiglia, IL CORRIERE DELLA SERA, 18 luglio 2013

Dagli inizi nella «Milano da bere» all'arresto. I reati ipotizzati vanno dal falso in bilancio all’infedeltà patrimoniale



MILANO - Il tramonto dei Ligresti si conclude con un episodio talmente raro che già in sè la dice lunga sulla peculiarità della loro storia: l’arresto di un’intera famiglia è da includere nel guinness dei primati dell’imprenditoria mondiale. Del resto, dopo che il «patriarca» Salvatore, fondatore dell’ex impero nato a Milano sul mattone 60 anni fa con 5 milioni di lire, ha dovuto lasciare tutte le cariche per la condanna definitiva sul caso tangenti Eni-Sai, la «corona» è passata formalmente ai figli e ai manager fedelissimi come, in primo luogo, Fausto Marchionni.

IL «GIOIELLO» FONSAI - Ma i «ragazzi» Jonella, Giulia e Paolo (in Svizzera), fino a poco tempo fa comproprietari con il padre del gruppo attraverso scatole finanziarie dai nomi fantasiosi come Canoe o Limbo, più che imparare il mestiere di immobiliaristi e assicuratori hanno pensato bene di lasciarlo agli uomini di fiducia del padre per occuparsi di altro (come cavalli o borsette), concentrandosi sull’attività «core» che ha contribuito non poco a portare alla rovina il gruppo: «l’opera di spoglio», come l’ha definita il commissario ad acta per le azioni di responsabilità nominato dall’autorità di vigilanza sulle assicurazioni quando ormai i buoi erano scappati. Un’opera svolta attraverso compravendite di immobili e terreni, sponsorizzazioni, pagamenti «di abnormi e ingiustificati» corrispettivi (è sempre il commissario a parlare, anzi a scrivere) a Salvatore, figli e manager, che in una decina di anni ha portato al crac la Fonsai, cioè compagnia che doveva essere il «gioiello» della carriera dell’imprenditore venuto da Paternò. Rilevata in extremis dalla Unipol delle cooperative circa un anno fa.

ASCESA E TRAMONTO - Carriera iniziata come dice la leggenda negli anni Sessanta con un sopralzo e che ha visto Salvatore conquistare nel ventennio successivo il titolo di «re del mattone» e l’appellativo di «Mister 5%» per il network di partecipazioni che ha accumulato. Nella «Milano da bere» di craxiana potestà Ligresti costruisce, vende, compra finché non lo ferma il ciclone di Mani Pulite con 112 giorni trascorsi a San Vittore. Lui però si risolleva e nel luglio 2001 fa il grande salto, rilevando Fondiaria dalla Montedison sotto assedio (a vendergliela è Mediobanca). La fonde con Sai. Nel gennaio 2003, quando Fonsai approda in Borsa, vale 1,6 miliardi. A fine 2006 ne capitalizza 5. Poi l’ingegnere e i figli affondano la compagnia in una spirale di operazioni con parti correlate e occultamenti vari, conti che i pm ritengono falsati. Risultato: 2 miliardi di perdite nel 2011 e 2012. Il salvataggio con ricapitalizzazione da parte di Unipol (che ora marcia verso la fusione), favorito da Mediobanca, evita il fallimento, inevitabile invece per le holding personali dei Ligresti. Ed ecco l’ultimo atto. Torino e Milano indagano. I reati ipotizzati sono svariati, dal falso in bilancio all’infedeltà patrimoniale. I pm piemontesi in febbraio ordinano le perquisizioni delle abitazioni dei Ligresti. E ora gli arresti. Che per Salvatore, data l’età, sono domiciliari.

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