mercoledì 23 gennaio 2013

STATO E MERCATO CAPITALISTICO. PIERO OSTELLINO, L'empirismo del pensiero liberale, IL CORRIERE DELLA SERA, 19 GENNAIO 2013


Democrazia crescita e giustizia sociale latitano dove non c'è il mercato




M onti si è chiesto se sono ancora suo amico. Resto suo amico, come lo sono da molti anni, indipendentemente dal giudizio sul suo governo e di certe personali diversità di opinione. Mi ha fatto piacere, perciò, apprendere dalle sue stesse parole che i miei giudizi non hanno inciso sulla sua amicizia nei miei confronti, né vi incidono le opinioni divergenti. L'amicizia per la persona è una cosa; i giudizi sull'uomo di governo un'altra. Tenerli separati è stata prassi poco diffusa nel passato; che lo si faccia ora, rende onore a entrambi. Non credo di difendere gli evasori difendendo le libertà individuali e i diritti soggettivi minacciati dall'eccesso di statalismo. Non sono contrario allo Stato. Condanno l'evasione quanto fa lui e sono, cavourrianamente, per lo Stato. Che, come capo del governo, lui si preoccupi, con la forte fiscalità, di far incassare più soldi allo Stato è nell'ordine delle cose. Ma se, come mi par di capire, pensiamo entrambi che la lotta all'evasione non sia un imperativo etico, ma un dettato utilitaristico, siamo d'accordo più di quanto non sembri. Senza fiscalità lo Stato non potrebbe fornire beni e servizi collettivi, né esistere. Ma io non credo spetti al Fisco redistribuire la ricchezza prodotta ed eliminare le diseguaglianze sociali. Se lo fa, viola la libertà di stili di vita e altera i meccanismi accumulativi del mercato. Libertà, democrazia, crescita e giustizia sociale latitano dove non c'è la libertà di scelta che chiamiamo mercato. Non credo, con ciò, di essere un fondamentalista e un integralista (liberale). La questione non è teoretica, ma empirica. Il collettivismo, lo statalismo e il dirigismo hanno mostrato di essere una forma di dominio di alcuni uomini su altri. Il pensiero liberale, inoltre, non è indifferente al problema della povertà. Veniamo, così, all'Economia sociale di mercato. Che temo Monti identifichi col dirigismo. È stato il liberalismo di Adenauer, Erhard, Roepke che ha fatto della Germania una grande democrazia industriale e una società del benessere. L'economia sociale di mercato è l'einaudiana «democrazia delle regole», il libero mercato, il bilancio dello Stato in ordine. L'articolo 81 della nostra Costituzione ? che impone l'obbligo della copertura finanziaria ad ogni legge di spesa ? avrebbe già assicurato, anche a noi, la parità di bilancio, solo che, in passato, lo si fosse applicato. Compito dell'economia sociale di mercato è attenuare i danni «collaterali» subiti indirettamente da coloro i quali non operano nel mercato. L'intervento pubblico è ex post, non ex ante. In Germania, il processo produttivo non è distorto dalla politica. Ad essere «assistiti» dallo Stato sono gli individui dopo che il mercato ha assolto le sue funzioni. Non gli si può chiedere ? come non si può chiederlo allo Stato senza cadere nel totalitarismo ? di svolgere una funzione social; che gli è estranea. Alla tutela dei più deboli provvede il welfare, soprattutto se finanziariamente responsabile. Basta e avanza. postellino@corriereRIPRODUZIONE RISERVATA

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