domenica 13 gennaio 2013

IL LAVORO IN ITALIA OGGI. DARIO DI VICO, Chi riconosce e paga il nuovo operaio jolly. Lombardia apripista, IL CORRIERE DELLA SERA, 23 novembre 2012


I più bravi sono gli alimentaristi ma anche in diverse aziende metalmeccaniche lombarde la contrattazione aziendale sta facendo nascere una nuova figura di lavoratore: l’Operaio Jolly o se preferite polivalente, capace di alternarsi su più mansioni e postazioni.




E quindi di venire incontro alle esigenze di flessibilità di aziende, come quelle di oggi, in perenne ristrutturazione. Ma siccome la polivalenza è professionalità aggiuntiva il rebus per le imprese diventa come riconoscerla e pagarla. Spiega Giorgio Caprioli che si occupa di studiare la contrattazione per conto della Cisl lombarda: «Viviamo un tempo in cui si fa un gran parlare di valorizzare il merito ma la maggior parte degli operai in fabbrica è bloccata. Quelli comuni restano tutti al terzo livello e quelli professionalizzati al quinto. Se non ci mettiamo in testa di rivedere i sistemi di inquadramento una parte consistente dei discorsi sulla competitività va a farsi benedire».
L’accordo sulla produttività, firmato mercoledì 21 tra il governo e le parti sociali (esclusa la Cgil), dà un ampio riconoscimento alla contrattazione aziendale e quindi rende più facile, fabbrica per fabbrica, costruire un vestito su misura. Le imprese e gli stessi sindacati sono pronti a implementare le novità? Secondo Caprioli non si parte da zero — e cita appunto gli alimentaristi — ma le aziende dovranno essere lungimiranti e i sindacati «dovranno investire nella specializzazione dei propri quadri perché contrattare oggi è assai più difficile di 10 anni fa».
Il modo di lavorare è cambiato, le classificazioni ancora no. In Spagna la riforma del lavoro del governo ha addirittura abolito l’inquadramento deciso centralmente devolvendo tutto alla periferia, da noi si tratta di rivedere i sistemi di inquadramento professionali diventati obsoleti. Racconta ancora Caprioli: «Un medio imprenditore mi ha confessato che paga ottimi superminimi ai suoi operai compresi i comuni ma nonostante ciò in fabbrica c’è un diffuso malcontento».
Non contano solo i soldi ma anche il riconoscimento professionale, «perché la categoria in più è un’esplicita ammissione dell’azienda che tu vali»”. Ma è anche vero, e il sindacalista lo riconosce onestamente, che un ostacolo alla partecipazione ai corsi di formazione professionale viene da quei lavoratori che non vogliono pregiudizialmente imparare nuovi compiti se alla fine non hanno un riconoscimento professionale o salariale.
Il problema si presenta anche con gli operai più anziani. Alla Zanussi hanno fatto un esperimento: in una linea nuova si sono proposti di far imparare agli operai a ricoprire tutte le mansioni (una ventina) e sono stati coinvolti un terzo di neo-assunti, un terzo di operai con anzianità media e un terzo di anziani.
Il risultato è stato che gli anziani non hanno imparato quasi nulla, l’assuefazione al lavoro monotono con il tempo si aggrava e diventa un tappo. Come uscire quindi dall’imbuto di un’industria che avrebbe bisogno di operai polivalenti e flessibili e un atteggiamento di chi sta in fabbrica di fatto contrario e non per motivi di carattere ideologico?
Secondo Caprioli la via maestra è quella della contrattazione. «Ma se, come avviene all’Aermacchi, l’operaio che monta il prototipo dà consigli utili all’ingegnere che lo ha realizzato, quella professionalità gli va riconosciuta. E oggi il sistema di inquadramento attuale non lo prevede».
La polivalenza, dunque, va incentivata, contrattata e pagata. Fortunatamente non si parte da zero perché esaminando le intese a livello aziendale concluse in Lombardia Caprioli ha visto che i casi positivi esistono. Imprese meccaniche come la Emmegi di Milano o la Polti riconoscono incrementi salariali ai polivalenti.
Alla Carcano da anni si erogano 70 euro mensili a chi ha raggiunto i requisiti per definirsi jolly. Ma anche alla N&W di Valbrembo, alla termomeccanica Gnutti Cirillo di Brescia, alla Olvan di Bergamo (laser), alle Rubinetterie Bresciane, alla Novelis (laminati) è previsto un premio di polivalenza. Ma la categoria che è più avanti sulla frontiera della professionalità è, per l’appunto, quella degli alimentaristi, il loro contratto nazionale demanda la materia al livello aziendale e in ben 36 casi sono stati raggiunti accordi in aziende importanti come Nestlè, Parmalat, Rovagnati, Campari, Granarolo, Barilla e Lactalis.
Un passo in avanti lo hanno fatto anche i chimici che nell’ultimo contratto nazionale chiuso a settembre 2012 hanno previsto la creazione di un gruppo di lavoro che identifichi soluzioni. Vedremo cosa ne esce fuori. Caprioli, dal canto suo, non ha paura di quella clausola sul «demansionamento» prevista dall’accordo sulla produttività e che suona come retrocessione e umiliazione del lavoratore. «Se in azienda si discute pragmaticamente di polivalenza quei casi possono essere gestiti e riassorbiti».

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