venerdì 27 luglio 2012

ITALIA. TARANTO. CASO ILVA. DEL VECCHIO M., Il dilemma tarantino fra lavoro e morti d'amianto, IL MANIFESTO, 26 luglio 2012

La realtà industriale tarantina è stata quanto mai vessata da plurime morti sul lavoro, per infortuni o malattie professionali. Vi insistono, difatti, da cinquanta anni, a ridosso della città, uno dei più grandi stabilimenti siderurgici di Europa, una importante raffineria di idrocarburi e un cementificio, dai cui impianti si sprigionano notevoli quantità di agenti patogeni.



In quasi venti anni di contenzioso legale i lavoratori hanno visto riconoscere da un lato, nei confronti delle imprese, cospicui risarcimenti del danno differenziale a favore delle vittime del lavoro e dall'altro, nei confronti dell'Inail, centinaia di malattie professionali, tra le quali segnaliamo, sul fronte delle neoplasie: mesoteliomi, carcinomi polmonari, della laringe e asbestosi; carcinomi renale, dello stomaco, della vescica, dell'intestino, della prostata; leucemie e linfomi.
Gli ambienti di lavoro e tutta la città di Taranto, come si è avuto modo di appurare ufficialmente nei recenti accertamenti probatori disposti dalla procura, sono difatti pregni di fibre di amianto, idrocarburi policiclici aromatici, diossina, ammine aromatiche, cadmio, metalli pesanti e veleni di ogni genere che costituiscono fattori di rischio specifico per l'insorgenza di tumori.
Già con la ordinanza del Gup di Taranto dell'11/5/2009, R. Gip 6392/08, sono stati rinviati a giudizio i più importanti manager della siderurgia pubblica nazionale e i direttori dello stabilimento siderurgico di Taranto che si sono succeduti dalla fine degli anni '60 alla prima metà degli anni '90, in quanto ritenuti responsabili del decesso di sedici lavoratori a cagione delle più varie neoplasie ascrivibili al mix di sostanze cancerogene che si sprigionano dagli impianti di Taranto - la prossima udienza si terrà il 23/11/2012.
Il secondo processo «tumori» che concerne quindici decessi solo per mesoteliomi e carcinomi polmonari per esposizione al rischio da amianto, si terrà in sede dibattimentale il 3/10/2012. Il capo di imputazione confermato dal decreto del Gup n. 3390/10 R. Gip è circoscritto al singolo rischio cancerogeno e è stato assistito da una efficace e tempestiva indagine, che perviene sino alla gestione privata dello stabilimento Ilva .
L'amianto, in effetti, è ancora presente in enormi quantità nello stabilimento siderurgico di Taranto e non è un materiale volatile del quale sia difficile indicarne la provenienza, per cui, diversamente rispetto al primo grande processo di cui si è detto, ove gli oneri probatori sono più complessi, nessuno può contestare che detta esposizione vi sia stata; l'eziologia dei tumori ricollegabili e denunciati, del resto, è ormai scientificamente acclarata.
In questo rovente clima giudiziario si inserisce l'incidente probatorio conclusosi il 30 marzo 2012 con il quale si è accertata l'esistenza di un disastro ambientale provocato dallo Stabilimento siderurgico Jonico e la ascrivibilità di centinaia di decessi tra la cittadinanza all'inquinamento industriale.
Gli atti di questa indagine sono confluiti, su conforme richiesta della procura e dei difensori delle parti civili, nei due grandi processi che hanno ad oggetto l'imputazione di plurimi omicidi colposi.
Si determina così una situazione veramente complessa nell'ottica di un bilanciamento di interessi apparentemente contrapposti: quelli occupazionali, da un lato e quelli di tutela della salute, dall'altro, giacchè potrebbe essere emessa una ordinanza cautelare di sequestro dello Stabilimento o di una sua parte al fine di impedire la protrazione delle emissioni inquinanti e del reato.
Probabilmente una revisione della autorizzazione ambientale dello stabilimento, la adozione immediata di rimedi come la copertura dei parchi minerali, delle linee di trasporto dei minerali ed un'accurata vigilanza sul funzionamento e sulla efficacia dei filtri delle ciminiere e del sistema di deflusso dei fanghi di acciaieria consentirebbe invero se non di soddisfarle entrambe, quantomeno di contemperare tutte le esigenze in attesa che sia studiata e approntata una concreta alternativa economica alla produzione siderurgica, i cui impianti oggi invero nessuno stato civile consentirebbe di installare nelle adiacenze delle città.

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