domenica 22 luglio 2012

CRISI DEL CAPITALISMO. MARCELLI F., Il mito del neoliberismo e la realtà delle infami cricche, IL FATTO, 22 luglio 2012


Quella di “neoliberismo” è nozione essenzialmente ideologica, cui si fa un ricorso perfino eccessivo. Io stesso l’ho adoperata spesso, in omaggio al linguaggio corrente. Eppure occorre forse oggi uno sforzo di revisione critica al riguardo.


Nell’immaginario comune, specie di quelli che sono favorevoli ad esso, neoliberismo significa infatti un ordinamento delle attività economiche in cui il ruolo dello Stato viene ridotto al minimo. Eppure questa nozione è smentita dalla realtà dei fatti. Vediamo innanzitutto il dato fondamentale dei finanziamenti. Secondo un recente rapporto di Mediobanca – Ricerca e sviluppo sono circa 5.000 i miliardi di euro concessi dagli organismi pubblici alle banche negli ultimi cinque anni. Per non parlare dei finanziamenti pubblici essenziali in settori come la difesa e la sicurezza. O le grandi opere spesso inutili, come il TAV (o la TAV).

Un altro aspetto importante è poi quello normativo. Vero è, in questo caso, che abbiamo assistito ad uno smantellamento delle regolamentazioni pubbliche a vantaggio dei codici privati di autodisciplina. Questo anche per l’influenza tuttora esercitata dal modello di riferimento del Paese-guida del capitalismo internazionale, gli Stati Uniti. In tale Paese, in effetti, sono stati abbandonati i controlli pubblici nei settori chiave della finanza. Come scrive Mauro Bussani, “è proprio negli USA che comportamenti auto-regolati da parte degli attori del mercato finanziario sono stati largamente incentivati, grazie al ritrarsi delle regole federali dagli avamposti del controllo effettivo sulle pratiche potenzialmente distorsive”.

Proliferano peraltro le normative volte a regolamentare vari aspetti della condotta umana, anche le attività economiche. Come quelle fiscali che diventano sempre più oscure ed inique. Per non parlare del vero e proprio calvario che attende chi voglia svolgere attività d’impresa. In compenso si trovano subito i soldi per pagare profumatamente dirigenti e habitués della RAI, tanto per fare un caso.

Possiamo quindi continuare a parlare di neoliberismo, ma tenendo ben presente che non si tratta di un mitico venir meno dello Stato a beneficio del “mercato”, ma piuttosto dell‘impadronirsi dello Stato e dei suoi meccanismi chiave da parte di cricche di finanzieri e politici ad essi legati.

Alcune funzioni statali, come la repressione poliziesca, sempre più importante e vitale per il crescente malcontento delle masse disperate e maltrattate dalla crisi vengono del resto rafforzate, con l’acquisto di nuovi mezzi, sempre più letali. Idem dicasi per la “difesa”, in realtà proiezione di potenza su scala planetaria a salvaguardia degli interessi dominanti.

Quella di “mercato”, come luogo mitico dove gli interessi economici troverebbero una loro armonica composizione a monte di qualsiasi intervento pubblico e rapporto di potere, anche militare, preesistente, è del resto una nozione destituita di ogni fondamento scientifico. Puro fumo negli occhi, favolette consolatorie per chi oggi più che mai è condannato a pagare il prezzo della crisi. Un recente libro da consigliare al riguardo è quello sul debito di David Graeber.

E’ pure che questo approccio mistificatorio si giova del parallelo fallimento dello statalismo tradizionalmente inteso, che va rivisto a fondo, per superare il burocratismo e il clientelismo.

Assoggettare l’intervento pubblico, in ogni caso essenziale e imprescindibile, a imperativi, logiche e strategie differenti, costituisce oggi quindi la sfida principale per costruire un’alternativa al caos esistente, foriero di morte e disperazione, distruttore di ogni futuro per questo pianeta.

A tal fine la prima cosa da fare è sloggiare le cricche dai posti di potere, utilizzando i quali continuano ad attribuirsi prebende di ogni genere, appropriandosi dei beni pubblici e funzionalizzandoli al proprio esclusivo interesse di infime minoranze parassitarie. Non sarà breve, non sarà facile, non sarà indolore, ma non ci sono alternative alla riappropriazione della sfera politica e dei beni pubblici da parte del popolo.

Nel frattempo, anziché neoliberismo, potremmo cominciare a definirlo per quello che è: la dittatura delle cricche finanziarie e politiche. Il regime antidemocratico da rovesciare per dare una prospettiva all’umanità.


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