lunedì 4 giugno 2018

SFRUTTAMENTO DEL LAVORO. ITALIA MERIDIONALE. A. CANDITO, "Giustizia per Soumayla", la rabbia dei migranti nella piana di Gioia Tauro, LA REPUBBLICA, 4 giugno 2018

VIBO VALENTIA - Ore di tensione alla tendopoli di San Ferdinando, scossa sabato sera dalla morte di Soumayla Sacko, il migrante maliano di 29 anni ucciso da una fucilata mentre con due connazionali tentava di portar via delle lamiere da una fabbrica dismessa. Lo sciopero generale convocato dall'Usb ha avuto successo: nessuno stamattina si è presentato agli svincoli dove i caporali scelgono quotidianamente a chi regalare una giornata di lavoro. Ma a molti l'assemblea convocata oggi per discutere come reagire all'omicidio di Soumayla non basta. Vogliono scendere in piazza subito. Vogliono mostrare il loro dolore, il loro sdegno, la loro rabbia.



"Ci ammazzano come animali"
Chiusa da un cordone di polizia la vecchia tendopoli è inaccessibile. Dietro le volanti un gruppo di migranti mostra cartelli, grida slogan. "Se anche Soumayla fosse andato a rubare, e non lo stava facendo, perché quell'uomo non ha chiamato la polizia?", dice un ragazzo che mostra un cartello ricavato con un pezzo di cartone che chiede giustizia. "Noi - dice un altro, giovanissimo - siamo qui per lavorare. Ma ci ammazzano come animali, ci picchiano, ci maltrattano solo perché siamo africani".
Compatti, i braccianti chiedono che la stampa entri in tendopoli, capisca in quali condizioni siano costretti a vivere. Ma la polizia fa muro. "Per adesso non è sicuro. È meglio di no". I fuochi che ieri sera sono stati accesi per protesta - un paio di cassonetti dati alle fiamme, subito spenti dai vigili del fuoco - sono spenti da ore. Gli animi invece continuano ad essere caldi. "Salvini razzista, la colpa di tutto questo è tua" gridano. "Se Soumayla è morto è perché c'è chi pensa e dice che siamo solo animali, ma senza il nostro lavoro la Piana è ferma, nei campi non lavora nessuno" dicono. Ed è vero. Nei frutteti e nelle piantagioni dell'area oggi nulla si muove. La delegazione dell'Usb arrivata da Roma cerca di calmare gli animi. Il presidio diventa un corteo spontaneo diretto a San Ferdinando, davanti al Comune. Cartelli improvvisati, striscioni, qualche bandiera dell'Usb. "Basta razzismo", urlano.

Gioia Tauro, la protesta dei migranti: ''Soumayla uno di noi, vogliamo giustizia''

Qui la Lega ha preso il 13%
Il corteo sfila veloce per le strade. Compatto, arrabbiato. Agli automobilisti che si fermano per farlo passare gridano contro la loro disperazione. Qualcuno li insulta, li provoca. In una terra schiacciata da clan feroci, per molti il problema sono "i niri". Da anni sono loro le braccia che portano avanti l'agricoltura nella Piana, ma per molti continuano ed essere "persone sgradite" perché nella culla della disoccupazione ogni mollica diventa preda contesa.  "Gli aiuti vanno sempre tutti a loro, a noi italiani mai. Qui c'è fame, cosa vengono a fare qui?", dice un trentenne da dietro la porta di un bar che è stato lesto a chiudere al passaggio del corteo. "Adesso viene Salvini e lo risolve lui 'sto problema", urla un anziano.

A Rosarno e dintorni la Lega ha preso oltre il 13% senza mai parlare di 'ndrangheta, ma concentrando la propria propaganda contro i migranti. Ma non tutti si sono fatti convincere dai suoi slogan. "Qui si sta solo cercando di alimentare una guerra fra poveri che distragga dai reali problemi - spiega una ragazza che guarda sfilare il corteo dall'utilitaria scassata con cui sta andando a lavoro - se a questi ragazzi venissero fatti contratti come si deve, se vivessero in case decenti e non in baracche non ci sarebbero di questi problemi. Anzi, questa terra ne guadagnerebbe".

"Per noi la pacchia non esiste"
Aurelio Monte, dirigente Usb Calabria, non ha dubbi: "Qualcuno qui ha interesse a creare un clima di razzismo" (VIDEO). Lo spiega al megafono anche Aboubakar Soumahoro, dirigente sindacale dell'Usb arrivato da Foggia, dove i braccianti questa mattina hanno incrociato le braccia in solidarietà con la comunità della Piana: "A Salvini vogliamo dire che la pacchia è finita per lui, perché per noi la pacchia non è mai esistita; per noi esiste il lavoro. Sappiamo che in Calabria esiste gente che ricorda il proprio passato di migrante. Noi siamo lavoratori, italiani, africani, bianchi, neri e gialli. Abbiamo lo stesso sangue e vogliamo gli stessi diritti". (VIDEO)

È lui  a guidare la delegazione cricevuta dal sindaco  di San Ferdinando, Andrea Tripodi: "Dedichiamo questa giornata - dice - a Soumayla  Sacko. È stata una giornata di sciopero alla quale hanno aderito anche i lavoratori del foggiano. Soumayla era un cittadino, un bracciante, aveva una figlia di 5 anni. Era impegnato nella lotta allo sfruttamento e lavorava per un salario di tre euro l'ora. Era un uomo, un lavoratore, un sindacalista. È stato assassinato. Noi condanniamo chi lo ha definito un ladro, perché lui cercava di migliorare le condizioni di vita di tutti i braccianti. Sosteniamo la lotta per la quale è stato ucciso e chiediamo verità e giustizia. Chiediamo che si indaghi per bene e con calma perché abbiamo diritto di sapere il nome di chi lo ha assassinato".

La pista dell'invasione di campo
L'uomo che ha ucciso Soumayla era già sul posto quando il giovane è arrivato nell'area dell'ex fornace "La Tranquilla". A dirlo sono i carabinieri di Tropea che indagano sulla sparatoria. E la pista più accreditata è quella che punta sulla criminalità organizzata: il gesto di Soumayla potrebbe esser stato giudicato una "invasione di campo".  L'assassino è sceso dalla Panda con un fucile e ha esploso quattro colpi  da una settantina di metri. La fabbrica è sotto sequestro da dieci anni, per cui non c'è nessun proprietario che possa lamentare il furto del materiale abbandonato.

Sacko, una vita per i diritti 
Sacko, iscritto all'Usb, viveva nella baraccopoli di San Ferdinando. Si batteva per i diritti dei braccianti sfruttati nella piana di Gioia Tauro. Qui, nel 2010, il ferimento di un immigrato innescò una rivolta sedata a fatica dalle forze di polizia, mentre nel gennaio scorso una giovane donna morì in un rogo nella tendopoli.  Bisogna "rompere la catena dello sfruttamento", è l'appello della Coldiretti, che chiede di sostituire alla "logica del ghetto" quello della "dignitosa ospitalità". Per l'associazione accertare le responsabilità è importante, ma non basta: "Bisogna lavorare sul piano strutturale per migliorare le condizioni di vita dei migranti" e responsabilizzare una filiera "che arriva a sottopagare i prodotti nelle campagne pochi centesimi".

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