giovedì 21 giugno 2018

PARADISI FISCALI. PANAMA PAPERS. BIONDANI, RIVA, SISTI, Panama Papers 2, da Messi a lady Kazakistan i vip del mondo con i soldi nei paradisi fiscali, L'ESPRESSO, 20 giugno 2018

L'asso del calcio Lionel Messi. Il presidente argentino Mauricio Macri. La figlia del presidente del Kazakistan, Nursultan Nazarbayev. Sono alcuni dei tanti nomi eccellenti che compaiono nei nuovi Panama Papers: un milione e 200 mila documenti riservati, usciti dagli archivi dello studio panamense Mossack Fonseca nei mesi successivi alla prima, colossale fuga di notizie (11,5 milioni di file) che nell'aprile 2016 svelò i segreti finanziari di imprenditori ricchissimi, stelle dello spettacolo, politici corrotti, dittatori africani, oligarchi russi, ministri europei, evasori americani, narcotrafficanti sudamericani e tesorieri della mafia italiana. Anche questa massa di carte recentissime sulle società offshore provengono dal quotidiano tedesco Suddeutsche Zeitung”, che le ha condivise con l’International Consortium of Investigative Journalists (Icij). Alla nuova inchiesta internazionale hanno lavorato più di cento giornalisti di tutto il mondo e per l'Italia, in esclusiva, L'Espresso.



Il funambolo del calcio e delle offshore
Per il campione argentino Messi, punta di diamante della nazionale e del Barcellona, non è la prima volta. Già nel 2016 il suo nome era comparso nei Panama Papers. Ma ora il problema è più grave. Al centro dei suoi interessi esteri, due anni fa, era emersa una società offshore di Panama, chiamata Mega Star Enterprise Inc., controllata da lui stesso e da suo padre Jorge. Interpellato dal consorzio Icij, Messi aveva però minimizzato, dichiarando che quella offshore era «del tutto inattiva».

Ora i nuovi documenti mostrano cosa è successo negli uffici di Mossack Fonseca tra l'aprile 2016 e la fine del 2017, cioè dopo la pubblicazione dei Panama Papers. Tra tante carte allarmatissime spunta una comunicazione interna tra due professionisti delle offshore, del maggio 2016, che mette in dubbio la versione di Messi: «L'ufficio dell'Uruguay mi dice che il cliente sta usando la società». In altre parole, la Mega Star non era «inattiva». È una nota messa nero su bianco dal dipendente di Mossack Fonseca che segue il caso.

Nella centrale delle offshore scatta l'allarme: c'è il rischio di finire sotto inchiesta. Due mesi dopo, in luglio, lo studio di Panama non esita a scaricare l'illustre cliente rassegnando le dimissioni dal ruolo di agente della Mega Star. E poi comincia a preparare un rapporto speciale, chiamato in gergo Sar (Suspicious activity report): una denuncia di attività finanziarie sospette, simile alle nostre segnalazioni anti-riciclaggio, inviata alle autorità di Panama per prendere le distanze dalla Megastar. Il documento finale è datato 22 febbraio 2017. Nei mesi precedenti lo studio di Panama, in un clima di panico, ha compilato centinaia di moduli Sar nel tentativo di mettere le carte in regola. Ma ormai è troppo tardi: Ramon Fonseca e Juergen Mossack, i due fondatori dello studio, vengono arrestati per la colossale Tangentopoli del Brasile, come presunti custodi delle offshore utilizzate per nascondere i profitti delle maxi-corruzioni carioca. Le manette a Panama scattano il 10 febbraio. Dodici giorni dopo, parte la segnalazione su Messi.

Il calciatore argentino e suo padre sono già stati condannati, nel luglio 2016, per un'altra frode fiscale, non collegata ai Panama Papers: 21 mesi con la condizionale e multa da 2 milioni di euro. Contattato da El Confidencial, partner spagnolo di Icij, Messi si difende. E attraverso un avvocato fa sapere che lui e il padre non hanno commesso nessuna irregolarità; che la loro situazione fiscale è stata regolarizzata; e che la Mega Star è una vecchia storia, faceva parte di uno schema societario ormai superato e non gestisce più alcuna attività.

I misteri del presidente argentino
Il coinvolgimento nei Panama Papers dell’attuale presidente argentino Mauricio Macri sembra un giallo alla Hitchcock, dove tutti i protagonisti recitano parti pericolose. Il primo tempo va in scena nel 2016, quando l'inchiesta giornalistica internazionale rivela che Macri, suo padre Francisco e il fratello Mariano hanno gestito una società-cassaforte in un rinomato paradiso fiscale: sono stati amministratori (directors) della offshore Fleg Trading Ltd, registrata alle Bahamas nel 1998 e sciolta undici anni dopo, nel gennaio 2009. I cronisti argentini scoprono che Mauricio Macri, politico e imprenditore, allora sindaco di Buenos Aires, non aveva inserito, nella sua dichiarazione dei redditi, alcun collegamento con la Fleg Trading. A quel punto il suo portavoce precisa che Mauricio Macri non era azionista di quella società, non aveva alcuna partecipazione nel capitale e negli utili. Quella offshore rientrava negli interessi della sua famiglia in Brasile e lui personalmente, a differenza di altri parenti strettissimi, ne era stato soltanto un amministratore occasionale.

Mauricio Macri
Mauricio Macri

Ora i nuovi Panama Papers mostrano la seconda parte della storia, finora rimasta segreta. Tra settembre e ottobre 2016, quando ormai da un anno Macri è diventato presidente dell’Argentina, alcuni dipendenti di Mossack Fonseca, della sede centrale di Panama e della filiale dell’Uruguay, discutono un piano per retrodatare alcune carte. L’idea è di far credere che lo studio professionale avesse rispettato le norme anti-riciclaggio, che impongono di identificare fin dall'inizio i beneficiari di tutte le offshore. Le carte retrodatate dovrebbero servire proprio ad anticipare l'identificazione della famiglia Macri come titolare della offshore. Anche se in realtà la Fleg Trading era rimasta per anni una società totalmente anonima, perfino a Panama.

Ma non c'è solo questo. I nuovi documenti rivelano che nell'aprile 2016, dopo i primi articoli sui Panama Papers, un giudice civile argentino aveva inviato, per via diplomatica, una richiesta alle Bahamas, cercando di chiarire proprio il problema della proprità della offshore: qual è il ruolo di Mauricio Macri nella Fleg Trading? Da notare che era stato lo stesso Macri, nei primi giorni dello stesso mese, a dare l’avvio all’azione civile, parallela a un’indagine penale allora in corso, per potersi difendere nei tribunali sostenendo di non possedere azioni di quella imbarazzante offshore di famiglia.

Negli stessi giorni i professionisti di Mossack Fonseca elaborano una loro strategia: non possiamo documentare su chi sia il beneficiario finale della Fleg Trading? Allora diamoci da fare per recuperare in qualsiasi modo il documento mancante. E così chiedono a Santiago Lessich Torresel, un importante consulente fiscale uruguyano collegato alla Fleg e alla famiglia Macri, che qualcuno, in quei giorni del 2016, produca una nota scritta a mano, ma con una data falsa, risalente ad alcuni anni prima. Tutti gli avvocati della famiglia Macri però si rifiutano: il progetto è ad «alto rischio», il falso «verrebbe facilmente individuato da un esperto calligrafo», non si può «giocare d’azzardo» con i documenti, «perché c’è di mezzo il presidente dell’Argentina e la sua famiglia».

Alla fine i professionisti trovano un accordo. Dall’Uruguay parte una lettera destinata a Mossack Fonseca, datata 4 ottobre 2016: «Informo che la Fleg Trading è stata acquistata presso il vostro studio su richiesta di Francisco (Franco) Macri». Quindi l'unico titolare della società offshore risulta essere non il presidente, ma suo padre. Lo studio Mossack Fonseca si lamenta della soluzione, dice che quella lettera non è «ideale», ma la utilizza comunque per chiudere il caso del beneficiario misterioso. Otto giorni dopo, il 12 ottobre, la lettera viene trasmessa al magistrato argentino. Che a quel punto sentenzia: Mauricio Macri «non era partner o azionista, nè ha ricevuto dividendi o altri profitti» dalla Fleg Trading.

Il giallo argentino però non è ancora finito. Dai nuovi documenti spunta anche un’altra offshore, chiamata BF Corporation, posseduta da Mariano e Gianfranco Macri, fratelli del presidente, con il 50 per cento ciascuno. Ancora una volta, Mossack Fonseca non ha identificato e registrato i beneficiari. Lo studio di Panama scopre che anche quella offshore fa capo alla famiglia Macri soltanto nell’aprile 2016: scoppiato lo scandalo dei Panama Papers, le autorità antiriciclaggio della Germania segnalano all’Argentina una serie di movimenti sospetti in un conto bancario di una filiale tedesca della Ubs. Quei soldi fanno capo a Gianfranco Macri, che in seguito sistemerà la sua posizione con le autorità fiscali di Buoens Aires.

Contattato dal quotidiano argentino La Nacion, che fa parte del consorzio Icij, un portavoce della Socma, la società-capogruppo delle aziende della famiglia Macri, ha dichiarato che il padre del presidente ha già spiegato di essere l'unico proprietario della Fleg Trading. Il portavoce ha anche aggiunto di non avere informazioni, né commenti da fare, sulle discussioni tra Mossack Fonseca e l’esperto tributario dell’Uruguay, cioè sul giallo della retrodatazione dei documenti.


Overdose di offshore per Mossack Fonseca
Sono così numerose, le società anonime costituite o gestite da Mossack Fonseca, che spesso neppure i capi dello studio sanno di custodirle nei propri archivi. Un problema che riguarda anche offshore di alto lignaggio. Lo studio si accorge soltanto nel luglio 2017 di avere nei propri registri una società panamense che appartiene agli eredi del celeberrimo gioielliere francese Pierre Cartier. Quella società offshore, secondo i documenti, custodisce un vero tesoro: foreste in Canada, conti bancari svizzeri. Interpellati dai giornalisti del quotidiano le Monde, partner di ICIJ, gli ertedi Cartier non hanno risposto.

Silenzio anche dal Kazakistan, lo stato dell'Asia centrale dominato da decenni dal presidente a vita Nursultan Nazarbayev. Sua figlia, Dariga Nazarbayeva, ex vice premier, oggi guida da parlamentare la commissione del Senato per le relazioni internazionali. Ed è considerata il più probabile successore del padre. I nuovi Panama Papers la indicano come unica azionista di una società delle British Virgin Islands, che controlla fabbriche di zucchero in Kazakistan, attraverso a una serie di società intermedie analizzate dai giornalisti di Occrp, partner del consorzio Icij. Anche la senatrice Nazarbayeva ha declinato l’invito a fornire precisazioni e chiarimenti.

Nursultan Nazarbayev
Nursultan Nazarbayev

In altri casi, lo studio Mossack Fonseca scopre il nome del beneficiario solo quando viene citata a giudizio dalle vittime delle sue offshore. Un esempio arriva da Israele e riguarda la società anonima Mallett Ford Inc. Dietro la quale, tramite un trust, si nascondeva Israel Perry, un avvocato israeliano morto nel 2015, dopo essere stato processato e condannato per una maxi-frode finanziaria ai danni di moltissimi suoi connazionali, tra cui spicca un gruppo di sopravvissuti all’olocausto. Di quel caso di criminalità finanziaria si è parlato in tutto il mondo. Ma lo studio Mossack Fonseca, stando ai documenti interni, ha scoperto che quella offshore apparteneva a Perry solo quando si è visto chiedere i danni per la Mallett.

I tesori esteri del vip d'Italia
L'Espresso pubblicherà la nuova inchiesta Panama Papers, con i nomi e i casi più rilevanti per il nostro paese, nel numero in edicola da domenica 24 giugno. Gli articoli riguardano tesori offshore di valore imponente, da 1,5 fino a 10 miliardi di dollari americani, e una serie di società cassaforte collegate a partiti politici italiani.

All'inchiesta giornalistica internazionale hanno collaborato, per le notizie contenute in questo articolo, Marcos Garcia Rey, Miranda Patrucic, Mariel Fitz Patrick, Sandra Crucianelli, Emilia Delfino, Hugo Alconada Mon, Ivan Ruiz e Maja Jastreblansky.

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