sabato 2 dicembre 2017

CHI CERCA LAVORO MUORE. C. DE GREGORIO, Che paura la crudeltà dei vostri commenti, LA REPUBBLICA, 2 dicembre 2017

"Ho compiuto i 30 e sono disoccupata. Da quando mi sono laureata, l’impiego più stabile che ho trovato è stato come colf. Ho tentato tutto: stage, fabbrica, raccoglitrice nei campi, negozi, pulizie. Ormai quando un’agenzia interinale mi chiama (molto di rado) mi dimentico perfino di chiedere il tipo di contratto offerto, o gli orari, e accetto il colloquio. Sono angosciata, perché ora che ho superato i 29 anni (la maggior parte degli annunci pone questa soglia) sento che per il mercato del lavoro sono da rottamare. Una specie di semi-nuovo avviato verso il deserto di latta di uno sfasciacarrozze".


"Ho sviluppato una specie di fobia rispetto all’attività stessa di cercare un lavoro. Tutte le volte che leggo “non idoneo”, che aspetto invano una risposta; “le faremo sapere” ai colloqui, accordi disattesi degli impiegati delle risorse umane di turno. Dopo tante porte chiuse arrivi a sospettare di non valere nulla. Di essere tu in difetto. Davvero non valgo nulla?".
"Mi sono laureata con voti più che buoni e mi sto preparando per il concorso del dottorato. Una volta ho fatto un colloquio per un contratto di un paio di mesi per coprire un picco stagionale; il titolare mi ha detto: 'E’ un lavoro che chiunque, a meno che non abbia problemi di cervello, in un paio di giorni ha imparato'. Non mi ha richiamata. Come si deve sentire una persona che viene respinta? Sono ben consapevole di non essere l’unica in questa situazione. Leggevo la testimonianza di Annarita, qualche giorno fa. Sai cosa davvero mi colpisce? La crudeltà di chi commenta. Perché non basta essere bistrattati, non avere soldi, dipendere dagli altri. Bisogna anche subire il disprezzo di chi ti dice che non lavori perché sei schizzinoso, o che ti meriti di essere disoccupato perché hai una laurea umanistica (è tutta la vita che lo sento)".
"La colpa è tua. E’ questa crudeltà a lasciarmi senza fiato, più delle porte chiuse. La cattiveria della gente che per ignoranza e insensibilità mi dice che di non potermi costruire una famiglia me lo merito, che se mi offrono un contratto di un’ora e mezza a settimana (mi è stato offerto) lo dovrei accettare, altrimenti non è vero che ho bisogno di lavorare. La superficialità di chi pensa che con la cultura non si mangia e deride chi ci si dedica, senza pensare che l’assurdità, al limite, è il fatto che in Italia non si possa mangiare con la cultura".
"Per non parlare di chi ti fa i conti in tasca, del tipo “stai scrivendo da un pc, se fossi povero non lo avresti”, dimenticando il fatto che sto anche mangiando, se è per questo, e senza uno stipendio non posso prendermi neanche il pane. Ma il computer come il pane non li ho comprati io; non perché non abbia voluto, ma perché non ho potuto. Penso tutti i giorni a Michele, il ragazzo di Udine che non molto tempo fa si è ucciso a causa della disoccupazione".
"Ho stampato la sua lettera di addio e la tengo appesa in camera. Ringrazio il mio ragazzo, è grazie a lui se non sono ancora arrivata a ripetere lo stesso gesto. Che società siamo? Che cosa stiamo lasciando a chi verrà dopo di noi? Invece che condannare un sistema che provoca la tragedia, condanniamo le vittime della tragedia".

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