venerdì 13 ottobre 2017

AUTOMAZIONE E DISOCCUPAZIONE. R. PETRINI, Allarme a Washington: così la tecnologia ruberà posti di lavoro e stipendi, LA REPUBBLICA, 13 ottobre 2017

WASHINGTON - "Sorprendente", dice James Manyika, capo del McKinsey Global Institute, che l'Fmi ha chiamato per tenere una delle conferenze sul "Futuro del lavoro". "Sorprendente" è la progressione con cui avanzano le innovazioni tecnologiche e le capacità delle macchine di lavorare, meglio degli umani. Un esempio tra i tanti: solo nel 2011 il margine di errore delle macchine nel riconoscimento e nella classificazione delle immagini era del 26 per cento, oggi è sceso al 3 per cento. Il problema è che gli umani sono meno efficienti e fanno errori più alti: in media il 5 per cento.



Un esempio come un altro per confermare che le tecnologie stanno mettendo a rischio milioni di posti di lavoro e - come dimostrano del resto le analisi dell'Fmi di quest'anno - hanno già prodotto una grande quantità di disoccupazione tecnologica. Quello che Manyika aggiunge, durante una affolata conferenza, sono le cifre che segneranno la rivoluzione delle macchine e, soprattutto, l'elenco di chi sarà colpito di più.

Ebbene, se si si applicassero completamente le tecnologie oggi a disposizione, sostituendo integralmente o parzialemte macchine ad uomo, solo negli Stati Uniti il monte salari diminuirebbe del 51 per cento con un taglio complessivo di 2 mila miliardi di dollari. Fortunatamente la diffusione delle tecnologie è condizionata da molti fattori che, in parte, la rallentano: incide sulle imprese il costo degli investimenti per adottare nuove tecnologie ed emerge la conseguente convenienza ad assumere lavoratori disponibili sempre più a basso costo.

Chi deve preocuparsi? In primo luogo chi lavora in settori a bassa professionalità che saranno, naturalmente, i più colpiti. L'elenco presentato da McKinsey parla da solo: in cima alla lista dei "sostituibili", parzialmente o interamente, ci sono i settori della ristorazione e alberghiero, seguiti dalla manifattura, dai trasporti, dall'agricoltura e dal commercio al dettaglio. La classifica dei meno sostituibili invece vede maggiormente al riparo i servizi di educazione, i manager, le libere professioni, il settore dell'informazione e gli assistenti sociali.

Detto questo, un dato di conforto c'è. Secondo il rapporto presentato nel corso degli eventi degli Annual Meetings in futuro la sostituibilità completa della macchina all'uomo riguarderà solo il 5 per cento della forza lavoro, anche se questa percentuale sale al 15-20 per cento se si guarda alle professionalità basse o intermedie. Il resto sarà integrato o sostituito parzialmente: con la conseguenza che comunque sarà necessario un minor numero di lavoratori.Il conto su scala globale è impressionante. Le tecnologie, allo stato attuale delle conoscenze, possono essere applicate potenzialmente al 50 per cento dell'economia globale, investendo 1,2 miliardi di lavoratori e 1,4 trilioni di monte salari.

Le risposte? Di recente si è sentito parlare di una tassa sui robot, ma non sembra questa la strada che sta avanzando. Al contrario il tema sembra quello di redistribuire i profitti e l'aumento
di produttività delle nuove tecnologie per far fronte all'immenso processo di transizione che lascerà sul campo molte vittime. E nel frattempo investire in educazione e formazione per cercare di portare più persone possibile al tavolo della rivoluzione tecnologica.

Nessun commento:

Posta un commento