Nel caos geopolitico
in cui ci troviamo, nel labirinto della vita virtuale in cui diventa sempre più
difficile distinguere la realtà dalla finzione e di fronte a fenomeni
inquietanti come gli
scontri di piazza razziali negli Stati Uniti e l’ascesa in Medio Oriente dello
Stato islamico, meglio noto come Isis, si alza la voce di Papa Francesco, che come un faro
che cerca di squarciare le tenebre esistenziali in cui siamo piombati.
domenica 30 novembre 2014
ITALIA. JOBS ACT E RIFORMA DEL TERZO SETTORE. ARTICOLI DA IL VELINO, 29 novembre 2014
Riforma Terzo Settore, il Civil Act di Renzi
Riccardo bonacina, 29
novembre 2014 – il velino
In questi anni il Terzo
settore è stato umiliato, usato spesso, costringendolo a schemi che gli sono
estranei, in un quadro sussidiario al contrario “fate voi che io non ce la
faccio e a poco prezzo grazie” che ha rischiato si snaturarne e corrompere la
stessa anima. Bisognava finirla con questa stagione delle medaglie e dello
sfruttamento, per liberare le energie sociali e civiche che fanno grande e
unico questo Paese. Matteo Renzi ha avuto sempre chiaro che occorreva
#cambiareverso. “Lo chiamano Terzo Settore ma in effetti è il primo”, così era
scritto nel suo programma alle primarie, concetto che ribadì all’uscita dalla
stanza del presidente Napolitano dopo aver definito la lista dei ministri, e
ancora nella conferenza stampa dopo il primo Consiglio dei ministri annunciando
il fondo per l’impresa sociale: "Basta dire come sono bravini questi del
Terzo Settore, no, noi sul Terzo Settore vogliamo investire". Sembrava un
facile slogan qualche mese fa, invece a oltre 200 giorni dal suo insediamento
come promesso a Lucca al Festival del Volontariato (“Oggi è il 12 aprile fra un
mese esatto presenterà le linee guida della Riforma del settore” aveva detto
nell’incontro), l’annunciata riforma del Terzo settore arriva allo scoccare
della mezzanotte del 12 maggio con un tweet.
domenica 16 novembre 2014
CRISI COME CONDIZIONE NORMALE DELL'ECONOMIA CAPITALISTICA. R. CARLINI, James Galbraith e la fine della normalità: 'Abituiamoci a vivere nell’economia del meno', L'ESPRESSO, 14 novembre 2014
"In molti pensano che la crisi sia solo uno choc momentaneo e che presto la crescita tornerà come un tempo. Ma questo non può accadere. E vi spiego perché". Le tesi dell'economista americano
mercoledì 5 novembre 2014
I PAESI EMERGENTI NEGLI AFFARI ECONOMICI. CORRIERE DELLA SERA, 5 novembre 2014
Volete far affari? Scordatevi gli Usa e l’Europa e puntate dritti sull’Asia. O, se volete essere lungimiranti, iniziate a considerare l’ipotesi di investire in Africa. La classifica della Banca Mondiale dei paesi dove far business nel 2015 (http://www.doingbusiness.org/reports/global-reports/doing-business-2015) parla chiaro: da Singapore alla Corea del Sud (passando per l’immancabile Cina) i riflettori sono puntati sull’Asia mentre la top ten dei paesi più dinamici è dominata dall’Africa. Che, però, rappresenta anche un paradosso visto che, stati dinamici a parte, gli ultimi posti della classifica sono tutti occupati da paesi africani: in fondo troviamo Chad, Sud Sudan, Repubblica centrafricana, Libia ed Eritrea.
lunedì 3 novembre 2014
AUSTRALIA IN CRESCITA ECONOMICA. C. ASTARITA, L’Australia cerca lavoratori stranieri: i visti temporanei diventano flessibili, CORRIERE DELLA SERA, 3 novembre 2014
«L’Australia, per crescere, ha bisogno di aumentare la competitività delle sue industrie puntando sull’innovazione. Le nostre imprese hanno bisogno anche di flessibilità. Per sostenerle, il governo semplificherà la procedura per l’emissione dei visti per i lavoratori specializzati, accelerando i tempi necessari per l’approvazione dei permessi e semplificando l’esame di inglese da cui quest’ultima dipende». Con questa dichiarazione un portavoce del governo di Tony Abbot ha creato il panico tra associazioni di categoria, governi locali e, naturalmente, lavoratori australiani. «Con un tasso di disoccupazione al livello più alto degli ultimi dodici anni (oltre il 6 per cento,ndr), è assurdo che il governo faciliti le assunzioni di stranieri», ha commentato il Presidente del Consiglio nazionale dei sindacati australiani. Per molti, infatti, se l’Australia ha un problema di lavoro, competitività e innovazione, dovrebbe ridurre la flessibilità dei visti per lavoratori specializzati, non aumentarla: «La priorità di Canberra non può essere accontentare gli stranieri: deve occuparsi di noi!».
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