venerdì 12 ottobre 2012

GRECIA. IL PROBLEMA DEL DEBITO PUBBLICO. FRATTINI D., Tsipras: cancellare il debito dei Paesi europei in difficoltà, IL CORRIERE DELLA SERA, 12 ottobre 2012


ATENE — Dei tempi ribelli si porta dietro il ciuffo nero alla Elvis Presley, quella foto di Che Guevara all’ingresso dell’ufficio e il gusto per l’azzardo praticato nelle notti di poker con gli altri studenti al Politecnico. Alexis Tsipras è il più giovane tra i capi di partito greci, nei sondaggi risulta più popolare del primo ministro conservatore Antonis Samaras e alle elezioni di giugno è riuscito a scardinare l’alternanza quarantennale tra il centrodestra di Nuova Democrazia e i socialisti del Pasok: il suo Syriza, la coalizione della sinistra radicale, è salito al 27% dal 4 di un paio d’anni fa. Secondo posto e guida dell’opposizione.




Martedì non ha incontrato Angela Merkel. Era davanti al Parlamento con 50 mila manifestanti per ribadire il no alle misure di austerità. «Se avesse chiesto di vedermi, sarei andato — commenta —. A me non interessava ottenere un appuntamento». Non giustifica chi in piazza Syntagma ha bruciato la bandiera nazista, però spiega: «In Grecia è cresciuto un sentimento anti-tedesco dovuto ai tagli imposti da Merkel, una politica criminale che conduce milioni di persone alla miseria. La cancelliera pratica il contrario di quello che invocava Thomas Mann: non vuole costruire una Germania europea, ma un’Europa germanizzata».
Lo sfondo del telefonino è la foto dei due figli (il secondogenito è nato pochi giorni dopo il voto di quattro mesi fa), la compagna Betty Baziana è la stessa ragazza conosciuta al liceo, laureata in ingegneria come lui. Tsipras indossa un abito blu, la camicia a righe è sui toni scuri, la porta così anche in Parlamento. Senza cravatta. Non è l’unico paragone con il socialista Andreas Papandreou che trentotto anni fa aveva scioccato i conservatori scegliendo il dolcevita nero per dimostrare che il cerimoniale e la politica stavano cambiando.
I critici lo accusano di essere un populista che sfrutta la rabbia dei greci, tra gli elettori mette insieme impiegati pubblici che fino alla crisi hanno beneficiato delle sovvenzioni statali e i giovani disoccupati che di quegli sprechi sono le vittime. «La colpa è di chi ha governato negli ultimi trent’anni. I partiti hanno distribuito i soldi europei per alimentare il clientelismo, invece di investire nell’innovazione».
È nato il 28 luglio 1974, quattro giorni dopo la fine della dittatura militare. Considera i neonazisti di Alba Dorata «una minaccia per la democrazia, il loro successo elettorale è il risultato della disperazione economica». Ma a Samaras che paragona la situazione della Grecia alla fine della Repubblica di Weimar risponde: «Sembra dimenticare che quel disastro fu creato dalle misure di austerità provocate dal Trattato di Versailles. Il Memorandum è come quel Trattato e lui è come il cancelliere Heinrich Brüning».
Se diventasse primo ministro, straccerebbe l’intesa tra i governi greci e la Troika (Unione Europea, Banca centrale europea, Fondo monetario internazionale). «Non ha senso proseguire una strategia che ha dimostrato di essere un totale fallimento. La disoccupazione ha raggiunto il 25 per cento, un terzo della gente vive sotto la soglia di povertà, dall’inizio della recessione cinque anni fa il Prodotto interno lordo si è contratto del 20 per cento. La nostra soluzione non è così bizzarra: cancellare il Memorandum perché non funziona».
Non lo preoccupa che la Troika decida di bloccare i prestiti concessi in cambio dei tagli e delle riforme, da pokerista scommette su chi cederà per primo. «Se non riceveremo più soldi, impareremo a sopravvivere da soli. Non credo che Merkel e l’Unione Europea siano pronti a prendersi il rischio di lasciar sprofondare la Grecia: la zona euro è una catena formata da diciassette anelli, se uno si spezza, salta tutta la catena. Sanno che il pericolo è uccidere il sistema bancario, non solo il nostro. Del prossimo pacchetto di aiuti da 31,5 miliardi di euro, 31 servono per ricapitalizzare le banche. All’economia reale vanno solo 5-600 milioni». Dopo la Grecia — dice — toccherà agli altri Paesi del Sud Europa: la Spagna, il Portogallo, l’Italia. «La soluzione deve essere comune: va convocato un vertice sulla linea di quello di Londra nel 1953, quando venne cancellata una gran parte del debito tedesco e venne concesso alla Germania un rinvio sul pagamento degli interessi. Dopo aver estinto il debito per le nazioni in difficoltà, bisogna lanciare un Piano Marshall, liquidità per far ripartire la produttività e la crescita».
Assicura di voler salvare l’Europa, non sfasciarla. Con un sorriso ricorda il mito della ninfa rapita da Zeus e lo ripropone come uno slogan alter-mondialista di quelli che gridava nei cortei contro il G8. «Chi è oggi il padre degli dei che sta violentando l’Europa? La finanza globale, il sistema che vuole imporre a tutti le misure neo-liberiste».
Davide Frattini

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