venerdì 22 luglio 2022

LEGGI SUL LAVORO. JOBS ACT. REDAZIONE, Lavoro, in sei mesi creati 230mila posti. Ma ora rallenta. Consulta: "Urge riforma Jobs act su licenziamenti nelle piccole imprese", REPUBBLICA.IT, 22 luglio 2022

 Nei primi sei mesi dell'anno sono state create circa 230.000 posti di lavoro alle dipendenze al netto dei fattori stagionali, quasi 100.000 in più rispetto allo stesso periodo del 2019, anno di espansione dell'occupazione non influenzato dalla pandemia e dai provvedimenti straordinari adottati per farvi fronte. E' quanto si legge nel Monitoraggio mensile congiunto del Ministero del Lavoro, Anpal e Bankitalia nel quale si sottolinea il rallentamento nel bimestre maggio-giugno più marcati nelle costruzioni, nel commercio e nel turismo, ma anche la crescita dei posti a tempo indeterminato che hanno continuato ad aumentare.


Il recente rallentamento del comparto turistico e di quello del commercio, settori che ricorrono in misura maggiore a rapporti di lavoro di breve durata, si è riflesso in una frenata complessiva della crescita delle posizioni a termine, rileva il rapport. Nei primi sei mesi dell'anno esse hanno rappresentato circa un quarto delle  attivazioni nette, dopo aver tenuto conto dei fattori stagionali. Al contrario, l'occupazione a tempo indeterminato ha beneficiato del continuo aumento del numero di trasformazioni di contratti temporanei in permanenti che negli ultimi mesi è tornato sui livelli del 2019. A fronte di un andamento costante delle assunzioni e dei licenziamenti, si è registrato un lieve calo delle dimissioni; queste ultime  erano cresciute rapidamente nel 2021, quando la  ripresa del mercato del lavoro aveva alimentato le transizioni di lavoratori da un'impresa a un'altra. È proseguita inoltre la riduzione del numero di contratti di apprendistato, particolarmente marcata a partire dal dicembre 2021.

L'aggiornamento dei dati sul lavoro arriva insieme a una sentenza della Corte costituzionale che bolla come "indifferibile" la riforma della disciplina dei licenziamenti, "materia di importanza essenziale per la sua connessione con i diritti della persona del lavoratore e per le sue ripercussioni sul sistema economico complessivo". Con il testo della vicepresidente Silvana Sciarra, pur dichiarando inammissibili le censure del tribunale di Roma sull'indennità prevista dal cosiddetto 'Jobs Act' per i licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese, viene rivolto al legislatore un monito ad intervenire con urgenza in questa materia, predisponendo tutele adeguate.

La Corte ha rilevato che "un'indennità costretta entro l'esiguo divario tra un minimo di tre e un massimo di sei mensilità vanifica l'esigenza di adeguarne l'importo alla specificità di ogni singola vicenda" e non rappresenta, dunque, un rimedio "congruo e coerente" con i requisiti di "adeguatezza e dissuasività" già affermati dalla Consulta con due sentenze del 2018 e del 2020. "Il limitato scarto tra il minimo e il massimo determinati dalla legge conferisce un rilievo preponderante, se non esclusivo, al numero dei dipendenti", osservano i giudici costituzionali, secondo i quali tale criterio, "in un quadro dominato dall'incessante evoluzione della tecnologia e dalla trasformazione dei processi produttivi", non è indicativo della effettiva forza economica del datore di lavoro e non offre neppure elementi significativi per determinare l'ammontare dell'indennità secondo le peculiarità di ogni singola vicenda. Tuttavia, spiega Palazzo della Consulta, spetta alla "valutazione discrezionale" del legislatore la scelta delle soluzioni più appropriate per garantire tutele adeguate: di qui l'urgenza di una riforma, sollecitata dalla Corte.

Lo stesso tribunale di Roma prefigurava molteplici soluzioni per porre rimedio ai profili di contrasto con la Costituzione, dalla ridefinizione di un criterio distintivo, incentrato sul numero degli occupati, all'eliminazione del regime speciale e alla ridefinizione delle soglie: a ciascuna delle scelte ipotizzabili corrispondono "differenti opzioni di politica legislativa", frutto di "valutazioni discrezionali", scrive la Corte, la quale, nel dichiarare l'inammissibilità delle questioni, segnala: "Il protrarsi dell'inerzia legislativa non sarebbe tollerabile". Qualora la questione fosse riproposta, dunque, essa stessa provvederà direttamente a intervenire sulla disciplina censurata.

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