lunedì 13 aprile 2020

CAPITALISMO PREDATORIO. L. PARDI, Predatori. Una nota sulla natura del capitalismo. APOCALOTTIMISMO, 2 luglio 2019

Nell’ultimo articolo pubblicato su questo blog ho parlato di capitalismo predatorio. Ma c’è un problema, escluso, in parte, il mondo degli organismi autotrofi (quelli che traggono il proprio nutrimento e costruiscono i propri tessuti a partire dal mondo inorganico) chi non ha un comportamento predatorio in natura? 


Ogni specie in presenza di risorse abbondanti tende a sfruttarle interamente aumentando il proprio raggio di espansione e la propria popolazione, fino al momento in cui non intervengono fattori limitanti esterni. Gli esempi si sprecano. I batteri in un disco di Petri, le renne dell’Isola di San Matteo, il caso del punteruolo rosso o del gambero della Louisiana e poi, naturalmente, il caso controverso di Homo sapiens sull’Isola di Pasqua. L’uomo non è un animale come gli altri, ha una grande capacità di modificare l’ambiente grazie all’uso delle sue estensioni extrasomatiche (gli strumenti e le macchine) ed aggirare i limiti. Ci è riuscito con successo innumerevoli volte superando numerosi colli di bottiglia, con crolli e rinascite miracolose spesso guidate da qualche rivoluzione tecnologica e sociale. Dove per rivoluzione intendo non necessariamente la sollevazione in armi del popolo, ma un rapido cambiamento strutturale della società. L’atteggiamento predatorio di Homo sapiens non è mai venuto meno ed è stato verosimilmente ereditato dai suoi antenati. Le società di cacciatori- raccoglitori sono predatorie, solo che la loro impronta ecologica è limitata dal fatto che un’economia di caccia e raccolta limita la densità di popolazione a meno di un individuo per chilometro quadrato e si adatta al nomadismo o alla semi-stanzialità. La rivoluzione agricola del neolitico, che sembra sia stata meno rivoluzionaria di quello che ci hanno insegnato a scuola quando ero piccolo, aumenta la capacità di carico dell’umanità e porta la popolazione a crescere quasi ovunque. La millenaria crescita demografica che porta l’umanità da pochi milioni di individui diecimila anni fa ai 700 milioni nel XVIII secolo si basa sullo sfruttamento della natura limitato soltanto dal fattore energetico. L’unica fonte energetica a disposizione dell’uomo nella sua lunga storia è l’energia solare. Grazie alla sua grande capacità di manipolazione degli elementi naturali l’uomo occupa tutto il pianeta e se ne appropria. I mezzi però sono quelli che sono. Ciò che fa la differenza dal XVIII secolo in poi sono i combustibili fossili. Dal momento in cui l’uomo scopre il modo di utilizzare le fonti fossili di energia (energia solare immagazzinata in forma chimica centinaia di milioni di anni fa da organismi fotosintetici) l’uomo dilaga. È
il capitalismo che rende questo passaggio possibile o piuttosto il capitalismo già esistente si trova in mano una risorsa abbondante per dar vita ad uno degli eventi più notevoli nella vita del pianeta? Un evento confrontabile con quello della grande ossigenazione iniziata oltre 2 miliardi di anni fa e di altri eventi catastrofici della storia del pianeta. La mia tesi è che il sistema capitalistico realizza nel massimo grado la natura predatoria della nostra specie che già mostrava segni di successo nella fase preindustriale quando le fonti di energia erano quelle tradizionali da migliaia di anni: la forza muscolare di uomini e animali, l’energia fluidodinamica delle cadute di acqua e del vento e la sempiterna biomassa. A queste fonti che erano ancora preponderanti alla fine del XVIII secolo il capitalismo aggiunge (senza eliminarle) prima il carbone con la macchina a vapore poi petrolio e gas grazie ai motori a combustione interna e, infine, l’elettricità tratta da varie fonti non fossili, fra le quali le rinnovabili (si veda la figura). Alimentato da questo armamentario di motori e da una crescente quantità di materiali di diversa qualità, estraibili dalla crosta terrestre solo grazie a quei motori, Homo sapiens porta a compimento la guerra di conquista e sottomissione del resto della biosfera. Il capitalismo è forse solo l’ultima arma della più predatoria delle specie viventi, grazie al fatto che su questo pianeta si sono verificate le condizioni chimico- fisiche per la formazione di carbone e idrocarburi. L’ultima arma ha fatto vincere la guerra, o solo una battaglia? La natura non ha fretta, ma presto o tardi elimina senza remore gli organismi che superano i propri limiti. Vinta una battaglia sarebbe saggio firmare una tregua o, meglio, una pace duratura, ma non sembra che questa sia la priorità nell’agenda di quasi nessuno. Una vecchia storia, l’uomo è sapiente, ma raramente si mostra saggio.
Nella figura che segue sono riportati i consumi di energia primaria in ExaJoule (1018   joule) divisi per fonte. Come si vede, dal 1800 al 2012 nessuna fonte si è realmente sostituita ad un’altra, neppure la biomassa, cioè il legno e gli scarti vegetali dell’agricoltura, ma le fonti si sono sommate una all’altra garantendo una ininterrotta crescita dei consumi. (Fonte dei dati: Court, V., 2016. Energy, EROI, and Economic Growth in a Long-Term Perspective. Ph.D. Thesis in Economics, Université Paris Nanterre.)

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