domenica 29 novembre 2015

NUOVI OPERAI E MERITOCRAZIA. D. DI VICO, Oggi il nuovo operaio si identifica con l’azienda, CORRIERE DELLA SERA, 26 nov 2015

Il sociologo ed ex operaio Aris Accornero coniò diversi anni fa un’espressione fulminante per riassumere l’itinerario politico-culturale delle tute blu del Novecento italiano: «Sono state macchine per la lotta di classe». Detta da uno che di operai e sindacati se ne intende la definizione valeva e vale moltissimo e non a caso mi è tornata immediatamente in mente leggendo i risultati dell’indagine resa nota ieri dalla Federmeccanica e affidata alla supervisione scientifica di Daniele Marini. Il campione è relativamente ristretto (1.123 intervistati) ma la tendenza che emerge è netta.

Il lavoro sta divorziando dall’ideologia che lo ha tenuto prigioniero lungo tutto il secolo scorso e per buona parte della prima decade del nuovo. Gli operai smettono di essere strumento di lotta politica e diventano persone, si liberano dal copione che l’ideologia aveva scritto per loro obbligandoli a sentirsi comunque e solo merce e a nutrire ostilità pregiudiziale nei confronti del padrone. L’indagine della Federmeccanica ci dice invece che l’operaio ha preso a identificarsi con il proprio lavoro e anche con l’azienda di cui fa parte. Laddove anche l’imprenditore riesce a creare un clima comunitario e a innovare sul piano dei rapporti quotidiani il risultato è che il successo dell’impresa diventa un obiettivo comune.
Il resto, ovvero la regolazione del conflitto di interessi che divide il proprietario dal dipendente, è affidata al negoziato contrattuale che più si svolge a ridosso dei problemi concreti e del confronto con il mercato più è veritiero, più si libera anch’essa dalle angustie dell’ideologia. Nelle piccole imprese molte delle tendenze individuate da Marini sono realtà da sempre e non è un caso che i proprietari definiscano le persone che hanno a busta paga come dei «collaboratori» e non come dei dipendenti. Da segnalare infine come sul piano valoriale cadano storici steccati tra il lavoro manuale e il ceto medio produttivo e il riconoscimento del merito come strumento di giustizia sociale lo testimonia.

Nessun commento:

Posta un commento