domenica 30 dicembre 2012

GLOBALIZZAZIONE E DIFESA DI ECONOMIE NAZIONALI. USA E GRAN BRETAGNA SI DIFENDONO CON I DAZI. GIOVANNI SARTORI, Contro i rischi della globalizzazione Eurolandia può solo difendersi, IL CORRIERE DELLA SERA, 27 dicembre 2012


Qualche tempo fa ricordavo sul Corriere («Un animale senza difese», 12 novembre) che la profonda crisi economica che ci affligge, risale alla globalizzazione dei nostri sistemi economici, esaltata da economisti a nessuno dei quali è venuto in mente che se da noi il costo del lavoro è 20 e nei paesi poveri, mettiamo, dieci volte meno, a parità di tecnologia il mondo benestante va in disoccupazione perché, volenti o nolenti, la produzione dei manufatti si delocalizza dove il lavoro costa meno. Questa è - era - una mia ovvia profezia di una ventina di anni fa.



Un mio lettore pertanto domanda a Sergio Romano nella rubrica delle Lettere (Corriere, 22 dicembre) perché - nell'ambito di questo problema - l'Unione Europea abbia rinunziato a qualsiasi protezione o difesa. In sostanza, perché abbia ignorato (scrive il mio lettore Fabio Fabbri) l'eventualità che le importazioni dei Paesi sottocosto «diventi insostenibile e distrugga l'avvenire dei nostri giovani». A good question , una bella domanda, direbbero in inglese, anche a fronte del fatto che tutta la industrializzazione dell'Europa è stata «protetta» dagli Stati che la promuovevano. Aggiungi che a tutt'oggi Inghilterra e Stati Uniti sono liberi di proteggersi con dazi: tanto vero che di recente proprio gli Stati Uniti hanno salvato così la loro industria siderurgica. All'Unione Europea invece è proibito. Perché? L'ambasciatore Sergio Romano non affronta questo quesito. Afferma invece che «se le cose stessero in questi termini, faremmo fatica a comprendere perché negli Stati dell'Unione Europea siano giunti, durante gli ultimi decenni, parecchi milioni di immigrati... e perché la grande maggioranza abbia trovato una occupazione che agli indigeni evidentemente appariva poco desiderabile».
Sì; ma mi sfugge il nesso con il mio discorso. Gli immigrati che fuggono in Europa fuggono dalla fame nei loro Paesi, e pongono il diversissimo problema della sovrappopolazione crescente nel nostro pianeta. Tanto per orientarsi, l'ultima proiezione demografica dell' Economist prevede per il 2025 per l'India un miliardo e mezzo, per la Cina un miliardo e quattro, per la Nigeria e il Pakistan 230 milioni, eccetera eccetera; nel complesso miliardi di esseri umani destinati a morire di fame e di sete (oltre che di inquinamento atmosferico). L'entusiasmante crescita delle società asiatiche ricordata dall'ambasciatore Romano non toglie che in Cina esista un'armata di riserva di settecento milioni di contadini poverissimi, e che l'India che luccica nasconde immense sacche di povertà. Per non parlare dell'Africa già sull'orlo della catastrofe per insufficienza di acqua. Al cospetto di queste terribili prospettive che sono ormai ampiamente suffragate dalla scienza, la nostra Eurolandia non può far nulla; può soltanto cercare di difendersi

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