domenica 24 giugno 2012

CRISI ECONOMICA IN EUROPA. ZATTERIN M., Tobin tax col freno tirato ... LA STAMPA, 23 giugno 2012

Con l'imposta sulle transazioni finanziarie l'Ue incasserebbe
57 miliardi l'anno


 
Nel nome della Tobin Tax, la tassa sulla transazioni finanziarie, l’Europa si affida ancora alla formula delle due velocità.

Un gruppo di almeno nove paesi andrà avanti e metterà in cantiere l’imposta sulle transizioni finanziarie, quella che toglie una frazione di incassi ai signori del credito e dei mercati per rimetterla in circolo sotto forma di progetti per la crescita.

Mancando l’unanimità, Germania e Francia hanno proposto di utilizzare la «cooperazione rafforzata» e andare avanti lo stesso, sperando di dare l’esempio e d’essere seguiti. L’Italia è d’accordo sul principio, anche se la posizione lascia adito a perplessità, mentre gli inglesi e gli irlandesi sono fuori e protestano con forza.

Lo strappo di Schäuble
Non è stata una sorpresa. Da mesi si parla di lanciare a tutti i costi la Ftt, Financial transaction tax. Serviva uno strappo, e ci ha pensato ieri il tedesco Wolfgang Schäuble nel dibattito pubblico svoltosi durante la riunione dei ministri economici dell’Ue.

Dopo aver riconosciuto l’impossibilità di un accordo a ventisette, ha proposto ai colleghi un giro di tavolo per valutare se valesse a pena andare avanti nel progetto di cooperazione rafforzata, votando «con alzata di mano».

E’ venuto fuori che i favorevoli sono otto o nove, gli interessati tre o quattro. I veri contrari sono un pugno, ma tanto basta: sul fisco, i trattati prescrivono il voto unanime.

Ci si salva con la cooperazione rafforzata. I patti di Lisbona l’hanno introdotta proprio per scongiurare che il veto di una capitale impedisca alle altre di fare ciò che desiderano. E’ già stato usato per il brevetto europeo, venticinque contro due (Italia e Spagna).

La procedura prevede che la Commissione scriva un testo e che gli stati interessati la discutano. «La cosa buona - commenta una fonte diplomatica - è che ora si parla del “come” e non più del “se”». La base sarà la direttiva presentata dall’esecutivo di Josè Manuel Barroso in autunno.

L’aliquota allo studio
Si parla di un’aliquota dello 0,1% sui valori azionari e obbligazionari, e di 0,01 sui derivati. L’imposta così congegnata porterebbe «circa 57 miliardi» l’anno di nuovo gettito che, senza disturbare troppo il mondo della finanza, darebbe ai governi margini di sollievo fiscale, cruciali in tempo di crisi e no.

Bruxelles ha stimato che l’Italia avrebbe un beneficio annuale di 6,4 miliardi l’anno. Una buona ragione per non avere dubbi. Invece no.

Durante l’Ecofin, la delegazione italiana (assente ministro e viceministro) ha espresso «simpatia» per l’idea della cooperazione sulla Tobin Tax, precisando però che «una decisione non è ancora disponibile e non possiamo impegnarci oggi».

Il sottosegretario all’Economia, Gianfranco Polillo, si è più tardi (a Pesaro) detto scettico sulla strada a nove, confermando l’esistenza di confusioni. Stefano Fassina, responsabile economico del Pd, ha a quel punto chiesto al governo di spazzar via le ambiguità «di qualche dichiarazione della diplomazia».

Al vertice romano dei Quattro, Mario Monti risulta essersi messo al fianco di Germania, Francia e Spagna nel sostenere la gabella di Robin Hood. Dicono a Palazzo Chigi: «C’è l’accordo, quella è la posizione». Del resto il premier ai primi di marzo aveva firmato un impegno, sempre a nove, in favore dell’imposta.

Il ruolo di Barnier
Anche l’Europarlamento si è battuto con forza per il progetto, così come il commissario Ue per i mercati finanziari, Michel Barnier, per il quale la Tobin Tax, che deve il nome all’economista americano che l’ha immaginata per primo, è «equa, sostenibile e fattibile». Londra, come d’altraparte in passato, resta fuori.

Il cancelliere allo scacchiere George Osborne denuncia la poca chiarezza su questioni «come l'aliquota o la destinazione del gettito» e il rischio che ciò «aumenti l'incertezza dei mercati».

A suo avviso, la Tobin consumerebbe il Pil Ue dell’1,7% e farebbe fuggire il 90% delle attività finanziarie dall'Ue. La Commissione, carte alla mano, nega entrambe le cose. Nelle carte che accompagneranno la sua proposta a Nove, attesa in autunno, intende metterlo in nero su bianco.

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