Trump annuncia una frenata sui dazi per calmare i mercati, ma li rafforza enormemente con la Cina. Uno scenario che oscilla tra prese di posizione nette e repentini retromarcia, ma quel che sta accadendo era pronosticabile. Da tempo Trump intende i dazi come principale strumento per Make America Great Again. Si può puntare l’indice sui modi, i quali hanno certamente un prezzo, ma la svolta protezionista risulta una mossa difensiva, spericolata, ma con una razionalità. Scherzando potremmo dire che si scrive Make Great, ma si dovrebbe leggere più modestamente Save (salvare). Il contesto va letto a fronte dei fallimenti del neoliberismo sovente a guida democratica e del piano inclinato in cui gli Usa scivolano da tempo. Serve comprendere la complessità del momento, senza rimpiangere il liberismo andato ed escludendo fascinazioni per il sovranismo. Trump propone un programma di potenza, per quanto di una potenza sulla difensiva. La repentinità dell’azione protezionista ha generato scompensi indiscutibili, ma non è priva di strategia. Da una parte genera difficoltà alle catene del valore delle stesse aziende Usa, dall’altra riduce la possibilità che le nazioni colpite possano fare blocco con contromisure e meccanismi di aggiramento. L’obiettivo di Trump è costringere molti paesi a trattare, ottenendo vantaggi commerciali, e isolare chi vi si oppone, tentando di ridurre l’enorme deficit commerciale disincentivando le importazioni di beni e servizi e richiamando le imprese a investimenti diretti negli Usa.