Trentadue secondi per imbustare con cura un vestito, una giacca oppure un paio di scarpe da rintracciare nei mucchi di abiti alla rinfusa. Centodieci pezzi all'ora altrimenti scattano rimproveri, urla, insulti: "Voi qui dentro dovete sputare sangue!". Tutto questo per lunghe ore in piedi, dentro magazzini che diventano roventi d'estate e gelidi d'inverno. E nelle pause, pochissime, la fila per il bagno è così lunga da non riuscire nemmeno a entrare nella toilette.
A leggere la denuncia di queste undici operaie dell'Interporto di Bologna sembra di stare nel Bangladesh, nelle fabbriche degli schiavi. E invece si tratta dei capannoni italianissimi dai quali partono gli ordini della Yoox, impero dello shopping online in perenne crescita (+25%) con un ricavo netto di mezzo miliardo di euro nel 2013.
Le ragazze, tutte di origine straniera, raccontano le continue avances umilianti di un caporeparto della cooperativa MrJob, F.G., alla quale la Yoox ha dato in appalto il lavoro di confezionamento: "La prossima sei tu". Oppure: "Voi marocchine siete tutte porche". E siccome le ragazze non ci stanno arriva il ricatto: "Lo racconto alla tua famiglia cosa fai a letto". Proprio alle operaie di religione musulmana erano rivolte parole blasfeme: "Tu devi scegliere tra me, Dio e lo stipendio, perché lo stipendio te lo do io e io sono il tuo Dio. Qui Allah non esiste"".
Ma l'uomo, che sarebbe arrivato a seguire in macchina le dipendenti, non è l'unico a vessare. Anche altri caporeparto, sempre nelle parole delle denuncianti, puniscono coloro che si mostrano poco produttive: "Al rientro della malattia sono stata spostata da sola a cucire in una stanza buia senza finestre e priva di luce esterna", è l'esperienza di una delle facchine. "Mi hanno obbligata a pulire gli orinatoi degli uomini mentre loro erano dentro il bagno", dice una operaia che si è rivolta ai sindacati provocando la furia dei capi. Ma la punizione più frequente è il riposo forzato: qualche settimana senza lavoro e senza stipendio per ristabilire la disciplina. Episodi finiti nella lunga denuncia compilata dall'avvocata Marina Prosperi e depositata lo scorso 17 giugno. La procura di Bologna ha aperto un fascicolo e almeno uno dei denunciati sarebbe stato interrogato dai Carabinieri.
"Si tratta di una lunga serie di molestie lavorative e di un caso di molestia sessuale vera e propria", riassume Prosperi all'HuffPost. Le donne che hanno firmato la querela desiderano rimanere anonime ma dopo tre giorni di sciopero hanno ottenuto l'allontanamento dei capi che secondo le operaie facevano tenere le porte del bagno aperte "per controllare i nostri movimenti" e arrivavano a controllare le borse a fine turno alla ricerca di vestiti rubati. Per lo stress e l'ansia molte si sono ammalate o hanno dovuto chiedere qualche giorno di riposo. "Una situazione che durava dal 2011, una totale manca di tutele lavorative", continua Prosperi. "Ci dicevano che prima di rimanere incinta dovevano parlarne con l'azienda e se qualcuna chiedeva un cambio di orario per allattare veniva lasciata a casa", fa scrivere una di loro nella querela.
Le lavoratrici sono nella maggioranza straniere costrette, sempre secondo la denuncia, a mantenere livelli di produttività "impossibili". Fatima (ma il nome è di fantasia) è una delle veterane della MrJob: "Nel 2012 dovevamo imbustare 80 pezzi all'ora, improvvisamente ci hanno chiesto di aumentare il ritmo fino a 110. Questo significa che non puoi mai fermarti nemmeno per andare al bagno". A coloro che rallentano oppure impacchettano un numero inferiore di capi d'abbigliamento arrivano rimproveri spesso conditi da insulti: "Come al solito sei un'incapace".
"Queste operaie guadagnano 600-700 euro al mese perché la MrJob si è sempre rifiutata di applicare il contratto nazionale", spiega Karim Beikkal dei SiCobas di Bologna che sta seguendo la trattativa sindacale con la cooperativa. "Per loro le ferie non esistono, se rimangono a casa non percepiscono un euro, prima che intervenissimo come sindacato il lavoro era a chiamata". Alla MrJob verrà chiesto di pagare le ferie punitive comminate alle operaie e la rimozione dei presunti kapò, ma per il momento il tavolo viene definito 'informale'.
"Se i fatti dovessero essere accertati la cooperativa non mostrerà alcuna tolleranza nei confronti dei responsabili", risponde la Mr Job all'HuffPost con un comunicato nel quale i dirigenti aggiungono che "in 15 anni" non è mai arrivata alcuna segnalazione di abusi. "Abbiamo 800 soci lavoratori e al proprio interno le rappresentanze Cgil-Cisl e Uil", concludono.
La denuncia delle undici operaie andrebbe a toccare unicamente i soci della Mr Job eventualmente responsabili. Poiché però questo avviene in una cooperativa che lavora per la Yoox, la responsabilità civile di quanto avviene all'interno dei magazzini dell'Interporto è anche della Yoox. La quale fa sapere di aver già avviato delle verifiche per appurare "presunte irregolarità contrattuali" presso la Mr Job. "Qualora dovessero emergere inadempienze non in linea con il Codice Etico adottato dalla Società, YOOX metterà in atto tutti i provvedimenti del caso e di propria competenza".
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