giovedì 19 luglio 2012

MARX E LA CRISI ECONOMICA. MUSTO M., Nel laboratorio di Marx, L'UNITA', 16 luglio 2012

Così come è accaduto di nuovo 150 anni dopo, nel 1857, gli Stati Uniti furono teatro dello scoppio di una grande crisi economica internazionale, la prima della storia. Tale avvenimento generò grande entusiasmo in uno dei suoi più attenti osservatori: Karl Marx.




Dopo il 1848, infatti, Marx aveva ripetutamente sostenuto che una nuova rivoluzione sarebbe avvenuta soltanto in seguito a una crisi e, quando questa giunse, si decise a riassumere gli intensi studi condotti dal 1850 presso il British Museum di Londra e a dedicarsi, nuovamente, al progetto di scrivere una critica dell’economia politica. Risultato di questo lavoro furono 8 voluminosi quaderni: i cosiddetti Grundrisse, ovvero la prima bozza de Il capitale.
Dopo quindici anni di assenza, questo importante testo è di nuovo disponibile in libreria (Lineamenti fondamentali di critica dell’economia politica, manifestolibri 2012, 60 € – 631 pp.) grazie alla ristampa dell’ottima traduzione, del 1977, di Giorgio Backhaus.

La tarda diffusione
Dopo la morte di Marx, i Grundrisse rimasero per lungo sconosciuti e quando furono dati alle stampe per la prima volta, a Mosca tra il 1939 e il 1941, rappresentarono l’ultimo importante manoscritto marxiano reso noto al pubblico. Tuttavia, la loro pubblicazione, a ridosso della Seconda Guerra Mondiale, fece sì che l’opera restasse praticamente sconosciuta. Le 3.000 copie realizzate divennero presto molto rare e solo pochissime di esse riuscirono a oltrepassare i confini sovietici. Per la loro ristampa si dovette attendere sino al 1953.
Essi cominciarono a circolare in Europa soltanto alla fine degli anni Sessanta, quando apparvero, dapprima in Francia (1967-68) e poi in Italia (1968-70), su iniziativa di case editrici indipendenti dai partiti comunisti. La traduzione inglese giunse soltanto nel 1973. Essa fu eseguita da Martin Nicolaus, che nella premessa al libro scrisse: “i Grundrisse sono il solo abbozzo dell’intero progetto economico-politico di Marx e mettono alla prova ogni seria interpretazione di Marx finora concepita”. D’altronde – già un decennio prima – Eric Hobsbawm aveva affermato che “qualsiasi discussione storica marxista che non aveva tenuto conto di quest’opera […] doveva essere riesaminata alla luce di essa”.

Lettori e interpreti
A partire dal 1968, i Grundrisse conquistarono alcuni dei protagonisti delle rivolte studentesche, che cominciarono a leggerli entusiasmati dalla dirompente radicalità delle loro pagine. Per lo più, essi esercitarono un fascino irresistibile tra quanti, soprattutto nelle file della nuova sinistra, erano impegnati a rovesciare l’interpretazione di Marx fornita dal marxismo-leninismo.
Pur con diverse sfumature, i vari interpreti si divisero tra quanti considerarono i Grundrisse un testo autonomo, cui potere attribuire piena compiutezza concettuale, e coloro che, invece, li giudicarono come un manoscritto prematuro e meramente preparatorio de Il capitale. Il retroterra ideologico delle discussioni sui Grundrisse (cuore della contesa era la fondatezza o meno della stessa interpretazione di Marx, con le conseguenti ed enormi ricadute politiche) favorì lo sviluppo di tesi interpretative inadeguate. Tra i commentatori più entusiasti di questo scritto, vi fu, infatti, chi ne sostenne la superiorità teorica rispetto a Il capitale, nonostante questo comprendesse i risultati di un ulteriore decennio di intensissimi studi. Allo stesso modo, tra i principali detrattori dei Grundrisse, non mancarono quanti affermarono che, nonostante i significativi brani sull’alienazione, essi non aggiungevano nulla a quanto già noto di Marx.
In generale, comunque, a partire dalla metà degli anni Settanta, i Grundrisse conquistarono un numero sempre maggiore di lettori e interpreti. Diversi studiosi videro in questo testo il luogo privilegiato per approfondire una delle questioni più dibattute del pensiero di Marx: il suo debito intellettuale nei confronti di Hegel. Altri, ancora, furono affascinati dalle profetiche enunciazioni racchiuse nei frammenti dedicati alle macchine e alla loro automazione.

Un testo per il presente
Oggi, a distanza di 150 anni dalla loro stesura, i Grundrisse mostrano la persistente capacità esplicativa del modo di produzione capitalistico da parte di Marx. In essi, il grande ruolo storico del capitalismo, ovvero la creazione di una società sempre più progredita e cosmopolita rispetto a quelle che la hanno preceduta, è perspicacemente delineato assieme alla critica degli ostacoli che esso frappone a un più compiuto sviluppo sociale e individuale. Inoltre, i Grundrisse hanno un valore straordinario perché racchiudono numerose osservazioni (tra queste quelle sul comunismo) che il loro autore non ebbe più modo di sviluppare negli scritti che riuscì a pubblicare in vita (com’è noto, Marx diede alle stampe solo il volume primo de Il capitale).
Se appare probabile che anche le nuove generazioni che si avvicineranno all’opera di Marx subiranno il fascino di questi avvincenti manoscritti, è certo che essi sono ancora molto utili per quanti, nel nostro tempo, vogliano interrogarsi, con serietà, sulle crisi del capitalismo e sulle trasformazioni del presente.

SCHEDA: I Grundrisse nel mondo
Complessivamente, i Grundrisse sono stati pubblicati integralmente in 22 lingue. Senza fare riferimento alle tante traduzioni parziali, essi sono stati stampati in circa 500.000 copie: un numero che sorprenderebbe molto colui che li redasse col solo fine di riepilogare, a se stesso e in tutta fretta, gli studi di economia svolti fino al momento della loro stesura.
Essi hanno continuato suscitare interesse anche dopo la caduta del muro di Berlino. Pubblicati in Grecia (1989-92), Turchia (1999-2003), Corea del sud (2000) e in lingua portoghese (Brasile 2011), sono stati l’opera di Marx che ha ricevuto il maggior numero di nuove traduzioni negli ultimi venti anni.

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