Quella di
“neoliberismo” è nozione essenzialmente ideologica, cui si fa un ricorso
perfino eccessivo. Io stesso l’ho adoperata spesso, in omaggio al linguaggio
corrente. Eppure occorre forse oggi uno sforzo di revisione critica al
riguardo.
Nell’immaginario comune, specie di quelli che sono
favorevoli ad esso, neoliberismo significa infatti un ordinamento delle
attività economiche in cui il ruolo dello Stato viene ridotto al minimo. Eppure
questa nozione è smentita dalla
realtà dei fatti. Vediamo innanzitutto il dato fondamentale dei
finanziamenti. Secondo un recente rapporto di Mediobanca – Ricerca e sviluppo sono circa 5.000 i miliardi
di euro concessi dagli organismi pubblici alle banche negli ultimi cinque anni.
Per non parlare dei finanziamenti pubblici essenziali in settori come la difesa
e la sicurezza. O le grandi opere spesso inutili, come il TAV (o la TAV).
Un altro aspetto importante è poi quello normativo. Vero è, in
questo caso, che abbiamo assistito ad uno smantellamento delle regolamentazioni
pubbliche a vantaggio dei codici privati di autodisciplina. Questo anche per
l’influenza tuttora esercitata dal modello di riferimento del Paese-guida del
capitalismo internazionale, gli Stati Uniti. In tale Paese, in effetti, sono
stati abbandonati i controlli pubblici nei settori chiave della finanza. Come
scrive Mauro Bussani, “è proprio negli USA che comportamenti
auto-regolati da parte degli attori del mercato finanziario sono stati
largamente incentivati, grazie al ritrarsi delle regole federali dagli
avamposti del controllo effettivo sulle pratiche potenzialmente distorsive”.
Proliferano peraltro le normative volte a regolamentare
vari aspetti della condotta umana, anche le attività economiche. Come quelle
fiscali che diventano sempre più oscure ed inique. Per non parlare del vero e
proprio calvario che attende chi voglia svolgere attività d’impresa. In compenso
si trovano subito i soldi per pagare profumatamente dirigenti e habitués della RAI, tanto per fare un
caso.
Possiamo quindi continuare a parlare di neoliberismo, ma
tenendo ben presente che non si tratta di un mitico venir meno dello Stato a
beneficio del “mercato”, ma piuttosto dell‘impadronirsi dello Stato e dei suoi meccanismi
chiave da parte di cricche di finanzieri e politici ad essi legati.
Alcune funzioni statali, come la repressione poliziesca,
sempre più importante e vitale per il crescente malcontento delle masse
disperate e maltrattate dalla crisi vengono del resto rafforzate, con
l’acquisto di nuovi mezzi, sempre più letali. Idem dicasi per la “difesa”, in realtà proiezione di
potenza su scala planetaria a salvaguardia degli interessi dominanti.
Quella di “mercato”, come luogo mitico dove gli
interessi economici troverebbero una loro armonica composizione a monte di
qualsiasi intervento pubblico e rapporto di potere, anche militare,
preesistente, è del resto una nozione destituita di ogni fondamento
scientifico. Puro fumo negli occhi, favolette
consolatorie per chi oggi più che mai è condannato a pagare il
prezzo della crisi. Un recente libro da consigliare al riguardo è quello sul debito di David Graeber.
E’ pure che questo approccio mistificatorio si giova del
parallelo fallimento dello
statalismo tradizionalmente inteso, che va rivisto a fondo, per
superare il burocratismo e il clientelismo.
Assoggettare l’intervento pubblico, in ogni caso
essenziale e imprescindibile, a imperativi, logiche e strategie differenti,
costituisce oggi quindi la sfida principale per costruire un’alternativa al
caos esistente, foriero di morte e disperazione, distruttore di ogni futuro per
questo pianeta.
A tal fine la prima cosa da fare è sloggiare le cricche dai posti di potere, utilizzando
i quali continuano ad attribuirsi prebende di ogni genere, appropriandosi dei
beni pubblici e funzionalizzandoli al proprio esclusivo interesse di infime
minoranze parassitarie. Non sarà breve, non sarà facile, non sarà indolore, ma non ci sono alternative alla
riappropriazione della sfera politica e dei beni pubblici da parte del popolo.
Nel frattempo, anziché neoliberismo, potremmo cominciare
a definirlo per quello che è: la
dittatura delle cricche finanziarie e politiche. Il regime
antidemocratico da rovesciare per dare una prospettiva all’umanità.
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