Pensi alle luci della ribalta, ai biglietti costosissimi che vanno in fumo in pochissime ore. Alle prime, ai grandi show. Quasi nessuno si sofferma a pensare a chi rende possibile tutto ciò, questi grandi sogni a occhi aperti.
Le maestranze degli spettacoli dal vivo sono molteplici, ma le figure nevralgiche sono gli allestitori e smontatori dei palchi dei concerti e delle kermesse negli stadi, nelle arene al chiuso e all’aperto, nei palazzetti. I più suggestivi e borderline di tutti sono i rigger, che volteggiano e quasi volano tra tralicci e ponteggi, ridde di cavi dell’alta tensione e corde, luci e dispositivi audio. Sospesi nel nulla, raggiungono altezze vertiginose, 52 metri per un concerto di Vasco Rossi.
Lavorano sotto un regime di massima urgenza ed emergenza dalla mattina alla notte inoltrata dell’evento. Solo che ogni tanto questi mastodonti provvisori crollano e ci scappa il morto. È successo due volte pochi anni fa: Matteo Armelini, 31 anni, travolto dal palco che stava allestendo per il concerto di Laura Pausini a Reggio Calabria; e Francesco Pinna, prima di un live di Jovanotti. Altre volte si sono verificati infortuni gravi, e lo stillicidio è proseguito in questi ultimi anni.
Luca (il nome di fantasia, ma tutto il resto è assolutamente vero) è uno dei più richiesti rigger e lavoratori a 360 gradi dei backstage del mondo dello spettacolo. Ha lavorato per il Blasco, Biagio Antonacci, Emma, Elisa, Carmen Consoli, Negramaro, J-Ax&Fedez e «tanti altri che nemmeno ricordo». Ricopre vari ruoli operativi, ma «la maggior parte del tempo sono attivo come tecnico luci». Oggi ha 26 anni, eppure è in questo mondo «da quando ne avevo 17».
La paura è un convitato di pietra costante: «Ma se avessi una paura patologica di fare quello che faccio, avrei sbagliato mestiere. Bisogna sempre stare molto attenti a come ci si muove. Ci sono delle cose che vengono rispettate, altre che non lo sono affatto. La maggior parte delle norme di sicurezza adottate nello spettacolo sono state concepite per l'edilizia, e richiedono un tempo e delle spese quasi mai disponibili».
Nel recente passato c’è scappato il morto: «Tutti gli incidenti più noti sono stati provocati da errori di progettazione. Chi progetta, chi commissiona e chi ci guadagna nutre ben poco interesse per chi lavora, e quindi a rimetterci siamo sempre noi operai. Incidenti più o meno gravi capitano spesso. Anche quest'anno abbiamo sfiorato il morto quando è cascata una putrella che sosteneva la copertura del palco di Renga, sfondandolo, a poca distanza da un tecnico che era lì a lavorare. Il concerto, la sera, si è svolto lo stesso».
Ma la sicurezza è migliorata negli ultimi tempi? «Le cose continuano, salvo poche eccezioni, a essere esattamente come erano prima. Gli eventi si svolgono tuttora in posti inagibili o inadatti. Per una maggiore sicurezza nel settore, bisognerebbe fare investimenti, ma questo non interessa a chi possiede i capitali. Proliferano ingegneri che danno il via libera a strutture che conoscono solo superficialmente, e organizzatori che effettuano modifiche strutturali in extremis, dopo che la commissione di sicurezza ha dato l'ok».
E poi c'è il tema delle coop. «La mano d'opera dello showbiz si fonda sulle cooperative. Ne esistono di grandi e di piccole, poi ci sono quelle che fanno capo alla stessa azienda per la quale fatturano. Ci sono aziende che invece di assumere direttamente il proprio personale, lo fanno cooptare dalla cooperativa di famiglia o di fiducia. Ci sono aziende che hanno licenziato i propri assunti per farli iscrivere nella coop X, che offre tariffe vantaggiose e agevolazioni sui pagamenti».
E sui turni di lavoro la situazione non migliora, anzi. «Erano e restano lunghissimi. I rigger possono lavorare dall’alba a notte quasi ininterrottamente. E i tecnici sono costretti a viaggiare tra uno smontaggio e un montaggio, si chiama “Back to Back”. Le date devono essere il più ravvicinate possibile perché ogni giorno che i mezzi e i materiali stanno fuori, lievitano i costi». Ma se un impianto non è sicuro, lo spettacolo non ha più luogo? «Occorre un problema di sicurezza clamoroso per fermare lo show. Sennò ci si mette una pezza, o una benda davanti agli occhi. The show must go on».
Eppure sono arrivate nuove norme di regolamentazione nel settore: il “decreto palchi e fiere” del luglio 2014 ha colmato alcune lacune e incertezze normative sulle attività di montaggio e smontaggio dei palchi. Nella stessa direzione è andata una circolare del dicembre 2014 del Ministero del lavoro. Il 6 novembre del 2014 era stato invece firmato il primo contratto collettivo nazionale di lavoro per gli artisti, tecnici e amministrativi dipendenti da società cooperative e imprese sociali nel settore della produzione culturale e dello spettacolo.
«Non ho notato nessuna differenza, a parte che sulla busta paga: invece di leggere metalmeccanico, leggo, adesso, “tecnico dello spettacolo”. Per il resto imperversa un mercato al ribasso, e nessuna tutela tangibile», spiega Luca. Che aggiunge: «Le stelle arrivano quando è già tutto pronto per loro. Non ho mai avuto la sensazione o notizia che si interessassero degli operai, della nostra sicurezza. Alcune star non salutano nemmeno, non ti ci puoi avvicinare neanche per sbaglio; anzi, devi sospendere tutto quello che stai facendo se ci sono loro in prossimità».
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