L’evoluzione di intelligenze artificiali in grado di svolgere compiti sempre più complessi – dalle diagnosi mediche fino all’analisi di documenti per gli studi legali – ha suscitato parecchia preoccupazione: come può l’uomo competere con macchine in grado di lavorare 24 ore al giorno, senza mai chiedere ferie, malattie e aumenti? Il timore che l’umanità vada incontro alla disoccupazione di massa è stato confermato da numerosi report , che hanno stimato come una percentuale tra il 35 e il 47% degli impieghi possa venire automatizzata.
Non tutti però sono d’accordo con questi scenari da apocalisse del lavoro: “In generale, la AI non cancellerà i lavori, ma li trasformerà. In verità, ogni tipo di mansione sarà resa più efficiente grazie all’intelligenza artificiale”, ha spiegato per esempio il capo della ricerca di Facebook Yann LeCun (uno dei massimi esperti mondiali in materia). Della stessa opinione sono gli scienziati a capo dei dipartimenti per l’intelligenza artificiale di Microsoft, Eric Horvitz, e di Google, Peter Norvig, che assieme a LeCun hanno partecipato a una sessione di domande e risposte che si è tenuta su Reddit all’inizio di questa settimana.
“Penso che, nella maggior parte dei casi, l’uomo sarà supportato, non sostituito, da un’automazione sempre più sofisticata”, ha spiegato per esempio Horvitz. “Questi settori includono l’arte, lo studio scientifico, i compiti in cui è importante che il lavoro manuale sia preciso e una miriade di altri impieghi per i quali faremo sempre affidamento sulle persone: insegnanti, medici, lavoratori del sociale, pediatri e altro”.
L’enfasi sui lavori che riguardano la cura delle persone non è nuova: si tende infatti a dare per scontato che questi impieghi non potranno mai venire svolti dai robot. Una tesi parzialmente contraddetta dallo sviluppo – che sta avvenendo soprattutto in Giappone – dei cosiddetti “robot sociali”, in grado per esempio di tenere compagnia agli anziani. “In un mondo di automazione crescente, io penso che assisteremo a una grande crescita dell’economia della cura”, ha però puntualizzato Horvitz.
Non solo le AI avranno soprattutto il ruolo di aiutare i lavoratori, ma gli impieghi che, per loro natura, richiedono una sensibilità prettamente umana potrebbero quindi prosperare. Non è tutto: l’avanzata delle macchine libererà l’uomo dalle mansioni più ripetitive e dai lavori più rischiosi; consentendo di concentrarsi sui compiti dal maggiore valore aggiunto.
“Penso che non ci si debba focalizzare sui lavori, ma solo sui singoli compiti”, precisa infatti Peter Norvig. “Prendiamo il caso dei piloti d’aereo: ti piace decollare e atterrare? Questo compito continuerà a essere svolto da te. Ti diverti durante le lunghe ore di crociera? Questo lavoro sarà invece completamente automatizzato. La maggior parte delle carriere sono al sicuro; a cambiare saranno invece i compiti che ci verranno affidati e il numero di persone necessario per svolgerli”.
Quest’ultima precisazione di Norvig è però cruciale. Se cala il numero di persone necessarie a svolgere un lavoro – come può essere il caso di un medico supportato da Watson di IBM e che quindi ha bisogno di un numero inferiore di assistenti – non c’è comunque il rischio che i posti di lavoro diminuiscano drasticamente?
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