Oltre il 40% dei disoccupati nel mondo sono giovani. «Per un futuro migliore dobbiamo sconfiggere il lavoro minorile»
Sono 215 milioni i bambini coinvolti nel lavoro minorile in tutto il mondo. Più della metà svolge attività a rischio, come la schiavitù sessuale e la guerra. Ma non solo. Ogni minuto ne muore uno per incidenti, malattie o gravi traumi psicologici. E il 40% dei disoccupati sono giovani. A denunciarlo è l'Unicef, in occasione della giornata mondiale contro il lavoro minorile.
«Oggi giovani disoccupati o impiegati in modo inadeguato sono in genere bambini lavoratori, la cui educazione, salute e benessere sono stati compromessi in modo permanente. Il lavoro minorile crea svantaggi ai lavoratori per tutta la vita e rafforza cicli intergenerazionali di povertà, discriminazione e iniquità», ha spiegato Joanne Dunn dell'agenzia delle Nazioni Unite per l'infanzia. «Il lavoro minorile mina sistematicamente i progressi per il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (Osm) per ridurre la povertà, l'istruzione, l'Hiv/Aids e la disuguaglianza di genere. Se non riusciremo a sconfiggere il lavoro minorile, non riusciremo a sostenere il diritto umano dei bambini alla protezione e a un futuro migliore», ha concluso Dunn.
Nel frattempo a Firenze, nell'ambito del convegno «Lavoro Minorile: azioni di contrasto e promozione del benessere» verrà firmato un protocollo d'intesa tra l'Unicef Italia e il Garante per l'infanzia e l'adolescenza della regione Toscana. Il protocollo avrà l'obiettivo di promuovere e realizzare attività d'informazione, diffusione e studio della Convenzione sui diritti dell'infanzia; favorire la partecipazione autentica e strutturata delle bambine e dei bambini, delle ragazze e dei ragazzi alle attività promosse; favorire lo scambio reciproco d'informazioni e buone prassi sulle politiche e i progetti dedicati all'attuazione dei diritti dei minorenni sul territorio; promuovere iniziative per il benessere dei bambini/e con particolare attenzione al diritto alla salute, soprattutto per i più marginalizzati.
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