lunedì 2 aprile 2012

LAVORO E ARTICOLO 18. FERRAINO G., Meno di metà dei subordinati coperti dallo Statuto del 1970, IL CORRIERE DELLA SERA, 3 gennaio 2012

MILANO - Agenzie di lavoro interinale; lavoratori a progetto (gli ex «co.co.co»); job sharing; staff leasing; «buoni lavoro»; collaboratori con la partita Iva; riforma dell' apprendistato: la fuga dal diritto del lavoro o, meglio, dallo Statuto dei lavoratori è cominciata da circa quindici anni e ha già cambiato profondamente il mercato italiano, rendendolo più flessibile e, per molti giovani, anche meno stabile. E se la precarietà di un impiego è data dalla facilità con cui si può essere licenziati, vale la pena ricordare che oggi su circa 19 milioni di lavoratori dipendenti soltanto 9,4 milioni sono «protetti» dall' articolo 18.


A portare flessibilità su un mercato del lavoro sempre più terziarizzato e segmentato, con lo spostamento costante verso il settore dei servizi, sono state due riforme fondamentali: il Pacchetto Treu, presentato nel 1995 dall' ex ministro del Lavoro Tiziano Treu durante il governo Dini e poi diventato legge nel ' 97 con il governo di Romano Prodi, e la legge Biagi del 2003. L' obiettivo? Cercare di stare al passo con un mondo in rapida trasformazione a causa dell' innovazione tecnologica e della globalizzazione e facilitare, almeno nelle intenzioni, l' ingresso dei giovani. La prima spallata è storica: con la legge 196 del 24 giugno 1997 finisce il monopolio dell' ufficio di collocamento pubblico e l' interinale, cioè il lavoro in affitto per prestazioni temporanee, fino ad allora vietato, entra a far parte dell' ordinamento italiano del lavoro, con l' istituzione di agenzie di collocamento privato e lo sbarco delle grandi multinazionali del settore, da Manpower ad Adecco. La riforma Treu riscrive inoltre i contratti di tirocinio, formazione e di apprendistato. Ma vediamo le altre figure «legalizzate» per modernizzare il mercato dell' occupazione. I «contratti a progetto» hanno sostituito i vecchi co.co.co, per regolare i rapporti di collaborazione coordinata e continuata: per dirla come il giuslavorista Pietro Ichino, autore del recente libro «Inchiesta sul lavoro», si tratta a tutti gli effetti di lavoratori dipendenti ma con un paga nettamente inferiore e on garantita in caso di malattia, senza permessi retribuiti, trattamento di fine rapporto e contributi previdenziali più bassi. La partita Iva identifica un' altra specie di collaboratore autonomo, al quale viene però chiesto di pagare maggiori imposte. Il job sharing, o «lavoro gemellato», inventato negli Usa negli anni ' 70, permette la condivisione dell' attività lavorativa tra due o più soggetti, che si suddividono le fasce lavorative di un impiego full time. Lo «staff leasing» è una forma di organizzazione del lavoro caratterizzata da un rapporto stabile tra il lavoratore e l' agenzia che lo fornisce all' impresa utilizzatrice, con applicazione dell' articolo 18 e, secondo la disciplina dettata dalla legge Biagi, con divieto del licenziamento collettivo. Il «buono lavoro», che in origine erano soltanto una forma semplificata di pagamento della retribuzione per alcune forme di lavoro occasionale, è diventato l' elemento di identificazione di un nuovo tipo legale di lavoro subordinato, che soprattutto in agricoltura sta soppiantando il lavoro subordinato ordinario. L' apprendistato è stato modificato, semplificandolo, la scorsa estate dall' ex ministro del welfare Maurizio Sacconi, che lo ha trasformato in un rapporto a tempo indeterminato, con l' obbligatorietà di stipulare un contratto in forma scritta, e con un piano formativo individuale. E' flessibilità o soltanto lavoro dipendente mascherato? Il dibattito è aperto. I numeri della disoccupazione giovanile, con un picco del 27,4% per la fascia di età compresa tra i 15 e i 24 anni (sale al 32,3% per le donne), indicano però che qualcosa non sta funzionando. E che le nuove figure atipiche, più che agevolare l' inserimento, hanno impoverito le nuove generazioni. Giuliana Ferraino twitter: @16febbraio RIPRODUZIONE RISERVATA

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