Il primo dato a saltare all'occhio è proprio la progressiva riduzione della quota di debito, sia in termini assoluti sia in termini percentuali, in mano ai risparmiatori italiani. Contemporaneamente, e in particolare con l'adesione dell'Italia alla moneta unica, cresce la fiducia nel nostro Paese e con essa la porzione detenuta dagli investitori stranieri. Il dato cresce dal 4% del 1988 al 32% attuale. Quella degli investitori nostrani cala dal 57 al 6%. Molto evidente anche l'impatto del programma di Quantitiative Easing della Bce operativo da marzo 2015. Nel dettaglio la quota di titoli di Stato in mano alla Banca d'Italia, direttamente o attraverso la Banca Centrale Europea, passa dal 5% del 2014 al 16% attuale.
Diverso il caso delle banche. La quota di debito in mano agli istituti di credito italiani nel 2018 è di circa il 27% del totale, pari a 612 miliardi di euro. Il che spiega perché siano soprattutto gli istituti di credito a soffrire dei rialzi del differenziale. Di questi però soltanto 342 sono titoli di Stato, mentre il resto è rappresentato prevalentemente da altri prestiti. Se si considera un aggregato di banche e assicurazioni, italiane e straniere, l'ammontare è di poco inferiore ai 400 miliardi di euro. A primeggiare in questo caso è il Gruppo Poste Italiane, che tra investimenti e riserve ha in pancia oltre 121 miliardi di titoli, seguita da Generali, che al 30 settembre 2017 ne aveva oltre 63 miliardi , e Unicredit, che a fine marzo vantava 47,2 miliardi di titoli.
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