Non propriamente una novità, perché di fatto il “2W” trae origine dalle corporazioni medievali e dalle società di mutuo soccorso ottocentesche, e nell’Italia del Novecento, assume le forme dei villaggi industriali dei Crespi,quelle caritatevoli di Marzotto, con orfanotrofi, ospizi, scuole e colonie, o infine quelle comunitarie di Olivetti, incentrate sul dialogo, la cogestione, la valorizzazione del territorio. Dopo aver incorporato l’uso anglosassone, diffusosi negli anniOttanta, di gratificare manager e colletti bianchi con benefit e premi produzione, il 2W sta acquisendo oggi, anche grazie alla crisi, un rilievo senza precedenti.
Poiché lo Stato arretra nell’offrire previdenze e benessere, entrano in campo le aziende a sostituirlo, ottenendone un vantaggio di produttività e d’immagine, con offerte di beni e servizi che si moltiplicano in ogni direzione. Si va dai nidi aziendali all’assistenza sanitaria, dal telelavoro al “maggiordomo aziendale”, dalla palestra ai corsi di lingua, dall’assistenza psicologica ai buoni pasto, dal car sharing ai libri di scuola dei figli. L’unico indicatore esistente per misurare il fenomeno è la “spesa sociale privata”, che però include tutta la spesa non pubblica, compreso il settore assicurativo. In base alle rilevazioni Ocse, ferme al 2009, in ambito europeo il secondo welfare va dai 2,3 punti di Pil dell’Italia (sui 30 miliardi di euro) – contro i 27,8 di spesa sociale pubblica –, ai 3,2 della Germania, 6,3 della Gran Bretagna, 6,7 dell’Olanda, mentre si viaggia su altre percentuali in Svizzera (8,0) e Usa (10,6).
Nella rutilante “cittadella” Ferrari di Maranello, Fabrizio, capoturno al montaggio motori, è un salentino alto e prestante che ha 11 persone sotto di lui. Descrive compiaciuto i “pachetti” di suo gradimento: si va dalla “Formula benessere”, che garantisce un check-up completo a operai e famiglie ogni anno nell’ambulatorio interno alla fabbrica nonché l’uso della palestra aziendale con la guida di medici e trainer della squadra corse, alla “Formula Start”, campus estivo gratuito per bambini dai 3 ai 14 anni. Barbara invece, giovane operaia della sala metrologica, non ha figli, non fa sport, e ancora non ha potuto comprare casa. Ma ama molto i luoghi del suo lavoro, quegli stabilimenti che l’azienda ha convertito in una “città ideale” progettata da archistar.
L’edificio che preferisce è il Centro sviluppo prodotto di Fuksas (gli uffici degli ingegneri) che le sembra “orientale”, con quegli specchi d’acqua e le trasparenze che la rendono così leggera, quasi zen, ma ama moltissimo anche le nuove linee di montaggio di Jean Nouvelle, rivoluzionarie per la luce quasi a giorno e le oasi di vegetazione tropicale. All’esterno le macchine appena assemblate ronzano in prova tra vialetti e filari ordinati, e lavoratori in pausa sui prati inglesi sembrano usciti da un quadro di Manet. Tutto questo e molto altro – tra cui l’ergonomia del lavoro in linea, con le pinze che ruotano la scocca intorno al lavoratore come fosse una macchinina nelle mani di un gigante – è stato confezionato con l’etichetta “Formula Uomo”, a segnalare un’attenzione alla persona un po’ esibita, che ha un retrogusto di scenografia alla Truman Show.
Certo è che i lavoratori, interrogati su cosa mancasse loro tra tutte quelle magnifiche “formule”, hanno risposto che vorrebbero un nido aziendale e un aiuto a costruirsi casa in cooperativa, cioè le cose che cambierebbero veramente la vita a metalmeccanici con uno stipendio tra i 1150 e i 1300 euro mensili. Anche se, a onor del vero, Ferrari ha distribuito quest’anno un premio speciale di tre mensilità aggiuntive per l’ultimo triennio di buoni risultati economici (intorno ai 3500 euro), che le costano in totale, per i 2800 dipendenti, sui 10 milioni dei 244 di utili del 2012, record di tutta la sua storia. Che insieme ai 4 milioni di costo delle “formule” di 2W fanno 14 (vale a dire il 5 per cento circa dell’utile netto di un solo anno).
L’exploit del 2W si deve a una pluralità di fattori. Anzitutto alla crisi. È infatti uno strumento aziendale di politica retributiva che, convertendo il salario in benefit e servizi totalmente esentasse, rafforza a basso costo il potere di acquisto dei lavoratori. Questa evoluzione è stata favorita dai sindacati con l’accordo del 2009, che ha incoraggiato soluzioni di 2W da adottare nei contratti integrativi, ma anche da dispositivi di finanziamento pubblico, in genere erogati dalla Comunità europea attraverso le Regioni. È il caso ad esempio della multinazionale tedesca Würth, leader nella distribuzione di prodotti per il fissaggio e il montaggio, con 65.000 dipendenti in 83 paesi.
Con i 160.000 euro del progetto “Concilia”, premiato dall’ex ministro del lavoro Elsa Fornero durante una visita alla sede italiana di Capena, vicino Roma, il direttore della Würth Italia Walter Ventrone nonostante il calo del 10 per cento annuo di fatturato ha potuto tenere in vita il centro estivo per i figli dei dipendenti e avviare esperimenti di telelavoro, soprattutto per favorire le lavoratrici in maternità. E come in Ferrari, anche alla Würth tra i benefit compare la “bellezza”. Il magnate Reinhold Würth possiede infatti una delle collezioni d’arte più importanti d’Europa, 15.500 opere, che invece di essere depositate in un caveau vengono fatte girare in tutte gli stabilimenti dotati di Art Forum. Quello di Capena si trova all’ingresso degli stabilimenti, gratuito e accessibile a chiunque. Recentemente c’era una mostra sulla transavanguardia di Mimmo Paladino e Markus Luepertz e per i lavoratori vengono organizzate visite guidata in pausa pranzo.
Alla crisi molte aziende rispondono dunque a colpi di buoni pasto e bellezza. Ma non tutti possono permetterselo, perché il 2W in Italia è prerogativa soprattutto delle multinazionali, della grande impresa del Centro-Nord e delle pubbliche o semi pubbliche come Eni, mentre le PMI e il Meridione non ce la fanno. Se l’80 per cento delle aziende da più di 500 dipendenti ha attivato iniziative di welfare, le PMI devono costituire reti d’impresa coadiuvate da istituzioni locali e associazioni di categoria, ma ciò accade molto di rado, e sopratttutto al Nord. Al Sud invece, il 2W assume, quando lo si trova, la fattispecie del familismo informale e del solidarismo comunitario, che si può riscontrare ad esempio alla calabrese Callipo: grande affabilità paterna del patron Pippo, che arriva anche a pagarti la rata del mutuo se non ce la fai.
Ma il 2W non è solo una risposta alla crisi. È il perno di un nuovo modello di “relazioni industriali” che punta al “coinvolgimento” dei lavoratori in chiave funzionale alla qualità e alla produttività. Esistono persino dei “campionati” di 2W, come la Fortune’s Great Place to Work, o il più sobrio Sodalitas Social Award. Per fare un esempio, il 6° posto del Great Place to Work Italia del 2013 è assegnato a Bricoman perché, tra le altre motivazioni, «è normale attività di tutti i negozi festeggiare i risultati e sono diffuse gare per la cifra d’affari tra i reparti, per stimolare una competizione sana che prevede il rispetto per l’avversario e per il vincitore». Sembrano competizioni da film di Fantozzi.
L’edificio che preferisce è il Centro sviluppo prodotto di Fuksas (gli uffici degli ingegneri) che le sembra “orientale”, con quegli specchi d’acqua e le trasparenze che la rendono così leggera, quasi zen, ma ama moltissimo anche le nuove linee di montaggio di Jean Nouvelle, rivoluzionarie per la luce quasi a giorno e le oasi di vegetazione tropicale. All’esterno le macchine appena assemblate ronzano in prova tra vialetti e filari ordinati, e lavoratori in pausa sui prati inglesi sembrano usciti da un quadro di Manet. Tutto questo e molto altro – tra cui l’ergonomia del lavoro in linea, con le pinze che ruotano la scocca intorno al lavoratore come fosse una macchinina nelle mani di un gigante – è stato confezionato con l’etichetta “Formula Uomo”, a segnalare un’attenzione alla persona un po’ esibita, che ha un retrogusto di scenografia alla Truman Show.
Certo è che i lavoratori, interrogati su cosa mancasse loro tra tutte quelle magnifiche “formule”, hanno risposto che vorrebbero un nido aziendale e un aiuto a costruirsi casa in cooperativa, cioè le cose che cambierebbero veramente la vita a metalmeccanici con uno stipendio tra i 1150 e i 1300 euro mensili. Anche se, a onor del vero, Ferrari ha distribuito quest’anno un premio speciale di tre mensilità aggiuntive per l’ultimo triennio di buoni risultati economici (intorno ai 3500 euro), che le costano in totale, per i 2800 dipendenti, sui 10 milioni dei 244 di utili del 2012, record di tutta la sua storia. Che insieme ai 4 milioni di costo delle “formule” di 2W fanno 14 (vale a dire il 5 per cento circa dell’utile netto di un solo anno).
L’exploit del 2W si deve a una pluralità di fattori. Anzitutto alla crisi. È infatti uno strumento aziendale di politica retributiva che, convertendo il salario in benefit e servizi totalmente esentasse, rafforza a basso costo il potere di acquisto dei lavoratori. Questa evoluzione è stata favorita dai sindacati con l’accordo del 2009, che ha incoraggiato soluzioni di 2W da adottare nei contratti integrativi, ma anche da dispositivi di finanziamento pubblico, in genere erogati dalla Comunità europea attraverso le Regioni. È il caso ad esempio della multinazionale tedesca Würth, leader nella distribuzione di prodotti per il fissaggio e il montaggio, con 65.000 dipendenti in 83 paesi.
Con i 160.000 euro del progetto “Concilia”, premiato dall’ex ministro del lavoro Elsa Fornero durante una visita alla sede italiana di Capena, vicino Roma, il direttore della Würth Italia Walter Ventrone nonostante il calo del 10 per cento annuo di fatturato ha potuto tenere in vita il centro estivo per i figli dei dipendenti e avviare esperimenti di telelavoro, soprattutto per favorire le lavoratrici in maternità. E come in Ferrari, anche alla Würth tra i benefit compare la “bellezza”. Il magnate Reinhold Würth possiede infatti una delle collezioni d’arte più importanti d’Europa, 15.500 opere, che invece di essere depositate in un caveau vengono fatte girare in tutte gli stabilimenti dotati di Art Forum. Quello di Capena si trova all’ingresso degli stabilimenti, gratuito e accessibile a chiunque. Recentemente c’era una mostra sulla transavanguardia di Mimmo Paladino e Markus Luepertz e per i lavoratori vengono organizzate visite guidata in pausa pranzo.
Alla crisi molte aziende rispondono dunque a colpi di buoni pasto e bellezza. Ma non tutti possono permetterselo, perché il 2W in Italia è prerogativa soprattutto delle multinazionali, della grande impresa del Centro-Nord e delle pubbliche o semi pubbliche come Eni, mentre le PMI e il Meridione non ce la fanno. Se l’80 per cento delle aziende da più di 500 dipendenti ha attivato iniziative di welfare, le PMI devono costituire reti d’impresa coadiuvate da istituzioni locali e associazioni di categoria, ma ciò accade molto di rado, e sopratttutto al Nord. Al Sud invece, il 2W assume, quando lo si trova, la fattispecie del familismo informale e del solidarismo comunitario, che si può riscontrare ad esempio alla calabrese Callipo: grande affabilità paterna del patron Pippo, che arriva anche a pagarti la rata del mutuo se non ce la fai.
Ma il 2W non è solo una risposta alla crisi. È il perno di un nuovo modello di “relazioni industriali” che punta al “coinvolgimento” dei lavoratori in chiave funzionale alla qualità e alla produttività. Esistono persino dei “campionati” di 2W, come la Fortune’s Great Place to Work, o il più sobrio Sodalitas Social Award. Per fare un esempio, il 6° posto del Great Place to Work Italia del 2013 è assegnato a Bricoman perché, tra le altre motivazioni, «è normale attività di tutti i negozi festeggiare i risultati e sono diffuse gare per la cifra d’affari tra i reparti, per stimolare una competizione sana che prevede il rispetto per l’avversario e per il vincitore». Sembrano competizioni da film di Fantozzi.
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