Un premio Nobel per l’economia tutto americano che premia due volte l’Università di Chicago, tempio del liberismo. E che per il secondo anno consecutivo ruota attorno ai mercati. Ma, soprattutto, la scelta dell’Accademia reale di Svezia di quest’anno fa rumore perché mette accanto nomi, e teorie, in apparente contraddizione.
Gene Fama, dell’Università di Chicago, è il padre della teoria dell’efficienza dei mercati. Mentre Bob Shiller, accademico di Yale, che condivide il Nobel con lui e con Lars Peter Hansen, è noto soprattutto per essere stato il principale critico di quella teoria: il suo libro del 2000 `Esuberanza irrazionale´ avvertì per tempo, e a ragione, della bolla delle dotcom che stava per esplodere. La risposta all’apparente, o reale, contraddizione, la dà la stessa accademia a Stoccolma: i tre «hanno sviluppato nuovi metodi per studiare i prezzi e i valori dei titoli», metodi che sono diventati «uno strumento di base nella ricerca accademica» oltre che nella pratica professionale di analisti, gestori, trader.
Dopo gli anni della crisi negli Usa, con Wall Street in rally da mesi e la crisi dei subprime e Lehman Brothers ormai archiviate, i mercati tornano a farla da padroni. Quasi inevitabile - default americano permettendo - che il Nobel vada a tre americani (anche Hansen è accademico a Chicago) con l’Europa ancora nelle secche della crisi delle banche e dei debiti pubblici. Meno scontato che a Stoccolma si torni a premiare, come lo scorso anno, degli studiosi del funzionamento di quegli stessi strumenti finanziari che con l’assegnazione all’economista e polemista di sinistra Paul Krugman, nell’annus horribilis 2008, si era quasi voluto simbolicamente punire. In molti avrebbero preferito un Nobel che guardasse alle politiche economiche, alle istituzioni, alla disciplina che deve fare da guardiano dei mercati.
La scelta dell’accademia svedese fa discutere: l’ipotesi dei mercati efficienti, che in forma estrema implica che i prezzi siano sempre giusti, è stata smentita dalla storia. E c’è chi parla di una scelta opportunistica, per risarcire Fama del premio che la prudenza politica, in quell’ottobre reso incandescente dal tracollo di Lehman cinque anni fa, consigliò all’ultimo momento di conferire a Krugman. Il segnale che arriva con il Nobel 2013 è forse per un ritorno alla razionalità e alla mente fredda accademica, dopo gli anatemi di mezzo mondo contro quegli stessi mercati su cui in fondo si finanziano banche, imprese e Stati sovrani e su cui devono ragionare ogni giorno i fondi pensione cercando di non fare passi falsi. In fondo le ipotesi di Fama sui mercati efficienti hanno dato una piattaforma indispensabile non solo a hedge fund e speculatori, ma anche a chi gestisce i soldi degli altri con un occhio al lungo termine. Forse proprio l’aver conferito il Nobel anche a Shiller, che con i suoi studi `comportamentali´ aveva avvertito già nel 2005 della bomba ad orologeria che covava nel boom immobiliare, serve a stemperare la critica che si può rimproverare a Stoccolma, così come il premio ai metodi statistici di Hansen che hanno aiutato a mettere alla prova le teorie razionali.
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