Per il 2013, l’Accademia svedese che assegna il Premio Nobel per l’Economia ha deciso di premiare tre studiosi americani di finanza: Eugene Fama, Lars Peter Hansen e Robert Shiller. Sul fatto che la finanza sia oggi tanto importante da essere l’oggetto di assegnazione di un riconoscimento così prestigioso ci sono pochi dubbi. Tuttavia, premiare ricercatori che si occupano di essa in un momento in cui—a torto o a ragione — è ancora identificata come la fonte principale di instabilità mondiale è invece una scelta molto meno ovvia.
Quando il Nobel è diviso tra più persone, è segno che l’Accademia svedese intende dare il premio a un’area o a un metodo di ricerca.
Qualche volta il filone di studio e la persona coincidono. Nel 2008, ad esempio, Paul Krugman — oggi più noto forse come editorialista e blogger del New York Times che per i suoi studi—ricevette il Nobel per le sue ricerche che studiavano le forme e i modi della globalizzazione in un mondo lontano dall’ideale di concorrenza perfetta studiato da Adam Smith. Quest’anno l’Accademia svedese ha voluto premiare un’area: quella dell’analisi empirica della finanza, la branca dell’economia che ha l’obiettivo di prevedere l’evoluzione dei mercati finanziari. Ecco perché ha indirizzato il proprio riconoscimento a tre persone, le cui idee e risultati sono molto diversi tra di loro.
Dalla Svezia è così arrivato un premio a Eugene Fama il cui nome è indissolubilmente legato all’uso della teoria dei mercati efficienti per prevedere l’andamento dei mercati. La teoria è semplice: se i mercati sono efficienti, essendo in possesso delle informazioni rilevanti, chi vuole vendere o comprare può farlo senza costi. Sapendo però che i mercati stessi sono molto rapidi a incorporare nei prezzi di Borsa le notizie sul futuro delle aziende. Per questo, concludeva Fama, è difficile per un singolo operatore che non abbia informazioni privilegiate «battere» le piazze finanziarie. E sempre per questo, si può aggiungere, in Borsa i bagni di sangue per i risparmiatori che si sentono più furbi o più informati degli altri sono più frequenti delle storie di successo allaWarren Buffett.
Ma i mercati sono sempre e comunque efficienti? In realtà la propensione degli operatori a prendersi dei rischi varia nel tempo, ad esempio in funzione della liquidità in circolazione. E spesso risparmiatori ma anche operatori di mercato sono soggetti ad impulsi che non hanno molto di razionale. Per questo alcune volte i mercati finanziari falliscono, e non di poco.
Ecco così l’accademia premiare Robert Shiller, il teorico della finanza comportamentale, uno dei pochi economisti che ben prima dello scoppio della bolla dei mutui sub-prime avvisò che i prezzi delle case erano saliti troppo e che la bolla immobiliare sarebbe scoppiata a causa dell’esuberanza irrazionale dei mutuatari e degli operatori di mercato. E oltre a Shiller viene premiato anche Lars Peter Hansen e i suoi strumenti statistici appropriati allo studio di operatori avversi al rischio che non guardano solo al rendimento delle azioni ma anche alla loro variabilità.
Molti hanno obiettato che non si può premiare insieme Fama, Shiller e Hansen. L’Accademia svedese ci dice invece che si può e—forse—si deve. Se non altro per suggerire che la strada da battere per mettere le basi dell’economia del futuro non è quella delle guerre di religione tra chi difende il mercato a tutti i costi e chi ne vede la fonte di tutti i mali ma piuttosto quella più accidentata dell’analisi accurata dei fatti, l’analisi che formula modelli inevitabilmente astratti che devono però sempre e comunque essere convalidati dal confronto con i dati.
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