Un rapporto conferma la tesi di un documentario.
Il colosso svedese si dice «profondamente dispiaciuto»
È oramai l'arredatore ufficiale di tante case di giovani ( e non solo), ma si è anche spesso distinto per le sue campagne a favore dell'ambiente e il rispetto dei diritti dei lavoratori. Ecco, proprio su quest'ultimo punto, Ikea, il gigante svedese del mobile, è scivolato su una brutta buccia di banana. Negli anni'80 avrebbe approfittato a costo zero della manodopera dei prigionieri politici della fu Germania Est. VERO E PROPRIO SFRUTTAMENTO - Un caso sollevato innanzitutto da un documentario trasmesso su una tv svedese qualche mese fa. Che ha costretto la multinazionale a ricorrere agli ispettori di Ernst & Young per verificare quanto vi fosse di vero: il rapporto da loro redatto conferma che i reclusi furono effettivamente utilizzati da alcuni fornitori di Ikea . Che nulla fece per prevenire quello che si può definire un vero e proprio sfruttamento.
LE COMANDE DELL'OVEST - La Germania Est, rigida custode dell'ortodossia socialista fino agli anni'80, venne un po' meno ai suoi principi quando, con la crisi della monocultura da industria pesante, ebbe bisogno di valuta pregiata. E non esitò a ricorrere alle comande dei "nemici" capitalisti dell'ovest e all'utilizzo dei reclusi, come testimoniano alcuni di loro. « Se consegnavi meno dell'80 per cento della quota richiesta, venivi accusato di sabotaggio» dice Alexander Arnold . «C'erano almeno tre ordini al giorno: non ti potevi rifiutare, altrimenti venivi rinchiuso in una cella d'isolamento a pane e zuppa per almeno tre giorni» racconta un'altra oppositrice allora detenuta, Anita Gossler.
PROFONDO DISPIACERE - I dirigenti di Ikea fanno sapere ora di essere «profondamente dispiaciuti che ciò sia potuto accadere. Usare i prigionieri politici per la produzione non è mai stata un'idea accettata dal gruppo». Il rapporto è stato però duramente criticato dall'associazione delle vittime della Ddr, secondo cui le ricerche effettuate non rispetterebbero i crismi di un'analisi storica. Inoltre non sono state condotte da esperti, ma appunto da Ernst&Young, «forse addirittura dietro pagamento», ha attaccato il vicepresidente dell'associazione, Roland Schulz. Secondo cui le scuse pubbliche di Ikea sono state "uno show".
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