lunedì 29 luglio 2024

AGRICOLTURE ITALIANE. LE RISAIE E I CINESI. FAGNOLA E., L’estate dei “mondini” cinesi nelle risaie più pregiate d’Italia, LA STAMPA, 27.08.2016

e auto rallentano lungo la provinciale che costeggia le risaie di Lumellogno, appena fuori città. Qualche finestrino si abbassa: vedere le mondine al lavoro nell’epoca degli agrofarmaci non è più così comune, neppure per i novaresi. «Ma le mondine come le intendete voi qui non ci sono più da trent’anni» ride Giuseppe Ferraris, storico risicoltore di Novara. Quei puntini piegati sotto i cappelli di paglia a cono sono uomini, sono cinesi e nella pianura padana hanno un ruolo particolare: ripulire dagli infestanti le risaie dove i prodotti chimici sono banditi, quelle dove si produce il riso biologico ma soprattutto quelle in cui vengono prodotti i semi da utilizzare per la stagione successiva. Un lavoro di fino, dicono i risicoltori, dove i braccianti che hanno nel Dna una cultura millenaria legata a questo cereale sono i più preparati.


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Se non fosse per gli stabilimenti dell’area industriale alle porte di Novara, l’immagine trarrebbe in inganno: stivali, abiti chiari e maniche lunghe, con i piedi nel fango sotto il sole a picco in un mare verde, sotto il cappello spuntano gli occhi a mandorla di Xiang, originario del sud della Cina. Dà rapide indicazioni agli altri sei colleghi arrivati da Vercelli: «Lavoro in un ristorante cinese, poi due mesi qui, va bene per la famiglia». Sa pochissimo l’italiano per raccontare qualcosa di sé, lo snocciola bene per spiegarti il lavoro che fa: «Guarda – dice scegliendo una piantina di crodo, il falso riso infestante -, questo va tutto via. Si fa nei campi di riso da seme o anche da sushi. Capito?». Capito.

Una garanzia per chi coltiva riso da seme: «Mi appoggio sempre a loro – spiega Ferraris, ex presidente della Federazione nazionale riso di Confagricoltura -. Non ci sono prodotti veramente efficaci per eliminare il crodo nei campi da seme, meglio farlo a mano. Considerate che gli ispettori dell’Ente nazionale sementi fanno due controlli sulla purezza, in campo e in magazzino, prima della vendita». Dunque, i cinesi: «Nella loro zona d’origine ogni famiglia ha un campo dove coltiva riso e di quello deve vivere. Lo conoscono come gli indiani l’allevamento, hanno un occhio particolare per gli infestanti, sono i più bravi. Mi correggono pure: capo, guardi dietro, e indicano una pianta che ho dimenticato».
Nella pianura tra Novara, Vercelli e Pavia in queste settimane ce ne saranno almeno duecento al lavoro: arrivano dal distretto calzaturiero di Prato, da Torino e Milano dove durante l’anno lavorano nei negozi e nei bar dei connazionali. Ogni azienda hai suoi referenti che organizzano il gruppo, tutti uomini. «Sanno che la stagione va da fine giugno a inizio settembre e prendono una pausa dalle loro attività – spiega Ferarris -. Da me viene sempre un ragazzo di Prato, mi chiama a giugno: capo, quando si inizia?». La paga? «Si fa il contratto agricolo, circa otto euro l’ora, in una stagione possono arrivare a prendere cinque o seimila euro, di certo più di quel che guadagnano di solito». E mentre in Sardegna i risicoltori arruolano gli studenti, qui, almeno per lui, il tentativo è fallito: «E’ innegabile che sia ancora un lavoro duro. Ne avevo contattati due, avevo pure comprato le attrezzature, ma non si sono più presentati».

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