Il computer, il tablet o lo smartphone (di qualsiasi marca) da cui state leggendo questo post è alimentato da una batteria che non potrebbe funzionare senza una delle sue componenti fondamentali, il cobalto. Il 75% dei depositi mondiali di questo metallo si trova nella Repubblica Democratica del Congo. In Rosso Cobalto - disponibile da oggi sul sito di People - Siddharth Kara ci guida in un viaggio negli inferi delle miniere dove questo preziosissimo materiale viene estratto, a un prezzo irrisorio per le multinazionali della tecnologia e per l’industria delle auto elettriche, ma con costi umani e ambientali incalcolabili per il paese africano.
Nel corso dei viaggi intrapresi tra il 2018 e il 2021 nella RDC, l’autore ha indagato personalmente, spesso con rischi notevoli, le deplorevoli condizioni di lavoro e di vita di uomini, donne e bambini che ogni giorno scavano - con mezzi rudimentali e senza il minimo barlume di dispositivi di sicurezza – alla ricerca dell’heterogenite, il richiestissimo minerale da cui si estrae il cobalto, oggetto dell’ossessionata, febbrile nuova corsa all’oro che sta devastando il territorio del Congo, già martoriato da oltre un secolo di violenze indicibili da parte di spietati colonizzatori un tempo europei, e oggi provenienti da tutto il mondo, in particolare Cina e Stati Uniti.
In questo exposé senza precedenti, Siddharth Kara ricostruisce infatti il filo rosso sangue che lega la storia del Congo dagli orrori della tirannia di Re Leopoldo II - che a suo tempo ispirarono il Cuore di tenebra di Joseph Conrad – fino a quella delle grande compagnie minerarie e soprattutto dei giganti della tecnologia che dominano il nostro tempo, passando per il colonialismo del primo ‘900, l’assassinio di Patrice Lumumba e la successiva lunga stagione delle dittature, durata fino ai giorni nostri. Una catena i cui anelli erano un tempo fatti di rame e avorio, poi di gomma, poi di uranio, oggi di cobalto, ma che da sempre tiene il popolo congolese inchiodato a una condizione che ancora oggi è molto difficile non chiamare schiavitù.
Lo scopo di questo libro è quello di denunciare la quotidiana tragedia che avviene nella Repubblica Democratica del Congo, puntare il dito contro i suoi diretti responsabili – le multinazionali della tecnologia e l’industria automobilistica in primis – e farci aprire gli occhi su questa catastrofe umana e ambientale che ci riguarda tutti da vicino, perché ciascuno di noi ne tiene in mano un pezzetto, anche questo momento. Non possiamo più voltarci dall’altra parte.
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