Una una domanda molto intima ma fondamentale. Perché se calcoliamo le 40 ore a settimana che si trascorrono in azienda e le moltiplichiamo per i circa quarant’anni che si passano in media al lavoro prima del meritato riposo, ecco qua che ci si palesa davanti una vita intera. Quella trascorsa tra le mura d’ufficio, insieme ai nostri colleghi, i capi, i direttori, che ci vedono talvolta più dei nostri figli, mogli, mariti, compagni, amanti, amici, cani e gatti. E allora, la domanda è: ti piace il tuo lavoro?
Il rapporto Gallup «State of the global workplace» ha provato a capire le risposte in 155 paesi nel mondo e i risultati sono tutt’altro che incoraggianti. Soprattutto per l’Italia. Il nostro paese si posiziona all’ultimo posto come tasso di «engagement», un termine che possiamo tradurre come coinvolgimento dei lavoratori. Ma non solo. Perché l’engagement rappresenta uno stato mentale positivo e una soddisfazione, nei confronti della propria vita lavorativa, caratterizzata da energia, voglia di fare, dedizione, entusiasmo, ispirazione, orgoglio e sfida. In Italia invece, per la maggior parte dei lavoratori succede esattamente il contrario. Tanto che, secondo Gallup, è proprio il nostro paese ad avere il tasso (30%) maggiore di dipendenti «disimpegnati» («actively disengaged») con al contrario poca motivazione e voglia di fare.
VITA IN UFFICIO
Sono numeri che secondo il rapporto «offrono una panoramica sul perché la produttività in molti paesi europei non sia ancora tornata ai tassi di crescita visti prima della crisi finanziaria globale». In Europa, spiega Gallup « le aziende hanno bisogno di nuovi approcci e strumenti per superare questo malessere», serve una trasformazione culturale che «influisca su tutti i dipendenti in modo che possano lavorare interagire meglio con chi li circonda». Significa insomma impegnarsi in cambiamenti di gestione che riescono a dare anche un vantaggio competitivo importante, come molte aziende al di là dell’Atlantico hanno dimostrato. Una questione affrontata anche in altre puntate di «Vita in Ufficio»: vari studi infatti sul coinvolgimento dei dipendenti hanno messo in evidenza i costi economici derivanti dalla tendenza dei lavoratori a dissociarsi dal proprio lavoro. A non essere soddisfatti, sentirsi incompleti, e non utili. Una situazione che può diventare molto cara alle aziende in termini di produttività e deficit competitivo.
Con il rischio di trasformare i propri dipendenti in Bartleby, il personaggio del famoso racconto di Herman Melville: il protagonista è un impiegato modello, assunto in uno studio legale come scrivano. Il suo compito è semplicemente quello di copiare e lui svolge la sua professione quotidianamente in modo impeccabile, con dedizione assoluta. Fino a quando, un giorno, l’avvocato per cui lavora gli assegna una mansione leggermente diversa. La risposta? «Preferirei di no». «Preferirei di no».
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