Nuovi contratti? Meno di uno su quattro è a tempo determinato. In Italia «si registra un’ulteriore compressione dell’incidenza dei contratti a tempo indeterminato sul totale delle assunzioni: 24,2% nei primi sette mesi del 2017». Così scrive l’Inps nell’Osservatorio sul precariato. Nel 2015, invece, «quando era in vigore l’esonero contributivo triennale per i contratti a tempo indeterminato, era stato - ricorda l’Inps - raggiunto il picco del 38,8%».
«Nei primi sette mesi del 2017, nel settore privato, si registra un saldo tra assunzioni e cessazioni pari a +1.073.000, superiore a quello del corrispondente periodo sia del 2016 che del 2015». Tra gennaio e luglio sono quindi stati “accesi” più rapporti di lavoro di quelli che invece si sono “spenti”, analizzando sempre le dinamiche del mercato del lavoro nel settore privato. All’aumento delle assunzioni, sottolinea l’Inps, «il maggior contributo è dato dalle assunzioni a tempo determinato (+25,9%) e dall’apprendistato (+25,9%) mentre sono diminuite quelle a tempo indeterminato (-4,6%: questo calo rispetto al 2016 è interamente imputabile alle assunzioni part time)».
Nei primi sette mesi dell’anno «il numero complessivo dei licenziamentirisulta pari a 340.000, in riduzione rispetto a gennaio-luglio 2016 (-4,4%)», considerando i rapporti di lavoro a tempo indeterminato. Lo rileva sempre l’Inps, registrando però, per lo stesso periodo, un aumento delle dimissioni (+4,3%). Quanto alle trasformazioni, da tempo determinato a indeterminato, «sono risultate 215.000, con un lieve incremento rispetto allo stesso periodo del 2016 (+0,7%)».
L’Inps accende un faro anche sul rapporto tra nuove posizioni lavorative e retribuzioni mensili, registrando, «per le assunzioni a tempo indeterminato intervenute a gennaio-luglio 2017, una riduzione della quota di retribuzioni inferiori a 1.750 euro (54,8% contro 57,8% di gennaio-luglio 2016)». Insomma le buste paga si fanno un po’ più pes
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