Farà certamente discutere che i primi siano stati i francesi ma dall’inizio del gennaio 2017 Parigi si è dotata di una nuova norma tesa a difendere i lavoratori dall’onnipresenza e invadenza della tecnologia. Si tratta del cosiddetto «diritto di disconnessione» e sancisce la possibilità da parte di un dipendente di poter staccare i suoi device tecnologici e di non rispondere nemmeno alle telefonate dell’azienda. Figuriamoci alle mail. Il provvedimento fa parte di un pacchetto più ampio di norme sul lavoro — approvato dopo forti contrasti nella tarda primavera del 2016 — ma è il diritto a spegnere lo smartphone quello destinato ad animare il dibattito anche al di là delle frontiere transalpine. In Italia la norma è ancora poco conosciuta e solo così si spiega che non sia partita l’ennesima querelle.
Nella sostanza il provvedimento fortemente voluto dal ministro del Lavoro Myriam El Khomri obbliga le aziende con più di 50 dipendenti a negoziare con i lavoratori il diritto a non rispondere: per centrare quest’obiettivo prevede la pubblicazione di una carta che elenchi per l’appunto diritti e doveri e definisca i momenti del giorno e della settimana in cui i dipendenti hanno il diritto di staccare la spina e rendersi irreperibili. In più le aziende dovranno organizzare degli appositi corsi per mostrare l’uso ragionevole dei device connessi ai propri collaboratori. Pur animato da forte vocazione pedagogica il provvedimento francese non prevede per ora sanzioni e rimane quindi nei limiti di quello che viene definito «diritto promozionale». La legge è entrata in vigore da poco e finora si può dire che è stata accolta in Francia con commenti positivi che hanno accompagnato i mesi trascorsi dalla sua approvazione ad oggi.
La sensazione è che anche diverse multinazionali siano approdate allo stesso tipo di riflessione ovvero alla necessità di rispettare, almeno in parte, il riposo dei propri manager o quadri ed esistono già codici di autoregolazione adottati qua e là nel mondo in maniera unilaterale da singole direzioni aziendali. In Italia, come detto, il tema non è ancora esploso e per avere un riferimento tematico di qualche utilità è bene rifarsi al disegno di legge sul «lavoro agile» già approvato dal Senato e calendarizzato a breve anche a Montecitorio. Il testo riguarda i lavoratori a distanza, gli smart worker, e di conseguenza si pone il compito di regolare orario di lavoro, reperibilità, riposo e disconnessione per evitare che la non-risposta possa essere catalogata dalle imprese come una disadempienza da parte del dipendente. Il metodo che il disegno di legge, a suo tempo fortemente voluto dall’ex governo Renzi, individua per risolvere il potenziale conflitto è quello dell’accordo individuale tra azienda e lavoratore con lo scopo di garantire un equilibrio tra lavoro e vita privata. Anche se il testo riguarda solo gli smart worker, può essere preso sicuramente come base di un’eventuale riflessione italiana sul diritto alla disconnessione per tutti i lavoratori, agili e non. In fondo quel disegno di legge è un tentativo di dare una cornice giuridica ai profondi mutamenti intervenuti nella stessa struttura delle aziende, cerca di conciliare il lavoro da casa con la parità di diritti ma anche con la prosecuzione di un percorso professionale virtuoso che di conseguenza non tagli fuori gli smart worker dai processi aziendali. Il diritto alla disconnessione in teoria potrebbe essere dunque visto come contraddittorio e invece non lo è. Basta usare il buon senso per capire che le trasformazioni in corso vanno incoraggiate e accompagnate, sviluppando laddove sia necessario forme nuove di accordi e negoziati. Senza la necessità (tutta francese) di emanare una legge ad hoc.
L’industria italiana è alle prese, infatti, con la sfida del 4.0 e per affrontarla con successo c’è sicuramente bisogno di una cultura del lavoro che privilegi la valorizzazione del capitale umano e che crei strada facendo un rapporto di maggiore fiducia tra imprese e dipendenti. Non tutte le procedure che intercorrono nella vita quotidiana di un’impresa possono essere formalizzate con intese vincolanti (o addirittura con sanzioni) ma un approccio equilibrato al tema del diritto alla disconnessione può servire a favorire un clima di cooperazione in azienda e ad evitare inutili e dannosi conflitti.
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