venerdì 26 febbraio 2016

NUOVE TIPOLOGIE DEL LAVORO. R. QUERZE', Smart working: cos’è e come funziona, CORRIERE DELLA SERA, 26 febbraio 2016

Primo: non chiamatelo telelavoro. Sarebbe troppo riduttivo considerare lo smartwork come semplice lavoro da casa. Il vero tratto distintivo del lavoro agile è il seguente: il dipendente non viene valutato per il numero di ore che mette a disposizione dell’azienda ma per i risultati che è in grado di garantire. Di conseguenza all’organizzazione non interessa più quando si timbra il cartellino ma se gli obiettivi sono raggiunti alla fine del mese.
Una volta entrati in quest’ottica, il fatto che si lavori da casa, dal bar, dalla casa della suocera diventa ininfluente per l’organizzazione. Tornando all’uso del tempo, in generale lo smartwork presuppone che si trascorra la settimana in parte a casa, in parte in ufficio. In questo modo si evita l’«effetto isolamento» e si mantiene il contatto diretto con capo e colleghi.


Lo smartwork libera il tempo che di solito passiamo nei trasferimenti casa-ufficio. Di conseguenza diventa più semplice fare fronte a imprevisti e incombenze familiari. Non a caso di smartwork si è cominciato a parlare tre anni fa soprattutto in chiave di conciliazione tra lavoro e vita familiare. Attenzione, però: nella maggioranza delle esperienze di smartwork a oggi non si pagano gli straordinari. Una ricerca dell’università la Sapienza di Roma sul lavoro smart di 42 dipendenti del comune di Torino, poi, ha messo in evidenza due effetti da non trascurare. Il primo: l’effetto Stackanov. In pratica i lavoratori agili sono talmente preoccupati di dimostrare la loro produttività che spesso lavorano ben oltre le richieste dell’impresa. Il secondo: l’effetto Mulino Bianco. Soprattutto le donne che lavorano da casa si caricano di incombenze familiari in più trasformando la giornata in un tour de force.
Per le aziende la vera difficoltà è cambiare mentalità e valutare le persone sui risultati. A opporsi sono spesso i dirigenti di livello intermedio che temono di perdere ruolo e identità non avendo più personale in ufficio da controllare in modo diretto. Una volta superato questo ostacolo, però, per le aziende ci sono numerosi vantaggi. In termini di economie e maggiore produttività. Le economie: le imprese risparmiano sui buoni pasto per cominciare. Poi i permessi e i giorni di malattia si riducono perché chi lavora da casa ne chiede meno. Ultimo ma più importante: gli uffici si rimpiccioliscono. Quando l’azienda sa che in media il 20% del personale a rotazione lavora da casa, può ridurre gli spazi aziendali. Il che significa meno affitti, meno riscaldamento, bollette della luce ridotte. Per quanto riguarda la produttività, secondo le valutazioni dell’osservatorio sullo smartwork del Politecnico di Milano, quando si lavora due giorni la settimana da casa in media aumenta del 20 per cento.
All’inizio fu Siemens, una delle prime aziende ad attuare un progetto di smartwork. Oggi sono 1.700 di dipendenti del gruppo che lavorano agile senza timbrare il cartellino e senza una scrivania fissa. Il primo settore a scegliere il lavoro agile senza se e senza ma è stato quello dell’informatica, delle tecnologie e della consulenza: Fastweb, Microsoft, Vodafone, Accenture per fare qualche esempio. Anche le banche stanno sposando questo modello organizzativo. Qualche esempio: Unicredit, Intesa Sanpaolo, Bnl, Ubi banca. Ora il modello sta entrando un po’ in tutti i settori. Dal farmaceutico all’alimentare. Naturalmente non tutte le funzioni possono lavorare in questo modo. Un’infermiera non potrà mai lavorare agile. Ma a sorpresa anche nel manifatturiero ci sono margini di azione. Dove si lavora su isole a volta si passano giornate a inserire dati. E questo si può fare da casa, come avviene già alla Tetra Pack di Modena. Oggi solo le esperienza di smartwork censite portano a pensare che i lavoratori agili in Italia siano oltre 100 mila. L’ultima esperienza – e la più ampia per numero di persone coinvolte – è quella di Telecom.
Il parlamento ha iniziato a esaminare da ieri un disegno di legge del governo e uno presentato dal presidente della Commissione Lavoro del Senato, Maurizio Sacconi. L’obiettivo di palazzo Chigi è semplificare in primis le modalità di assicurazione dei lavoratori in smartwork e creare un minimo di regole certe. Senza trascurare di incentivare la contrattazione collettiva nazionale e aziendale a occuparsi della materia. Il ddl Sacconi demanda la definizione delle condizioni dello smartwork in primis ad accordi individuali lavoratore-azienda. Inoltre limita questa modalità organizzativa a chi guadagna più di 30 mila euro lordi al mese.
La legge delega sulla pubblica amministrazione dice che nel giro di tre anni almeno il 10 per cento dei lavoratori pubblici debba avere la possibilità di lavorare agile. Finché non saranno emanate le norme attuative (si parla dell’estate) il principio resterà però sulla carta. A oggi le principale esperienze di smartwork sono realizzate dal comune di Torino e dalla provincia di Trento. Il comune di Milano organizza ogni anno una giornata del lavoro agile. D’altra parte le grandi città avrebbero grandi vantaggi da questo modo di lavorare: meno traffico e meno inquinamento.


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