La risposta, riporta il Financial Times, non è necessariamente godere del tempo libero e lasciare che le macchine sudino al nostro posto. Il lavoro è essenziale al benessere psicofisico dell'uomo, osserva il professor Vardi. E le macchine intelligenti, costando nel lungo termine molto meno del lavoro umano, rappresentano un concorrente imbattibile. Ma la società non sembra preparata a quella che è già stata chiamata una nuova rivoluzione industriale. Secondo il professor Bart Seldman, autore di una lettera aperta ai governi del mondo pubblicata lo scorso anno dal Future of Life Institute di Cambridge, nel Massachusetts, i leader mondiali non si rendono ancora pienamente conto dei rischi associati alla creazione di macchine dotate di intelligenza artificiale. L'AI (Artificial Intelligence - come viene chiamata in gergo scientifico) sta velocemente spostandosi dal territorio accademico ai bilanci di aziende private e istituzioni pubbliche. Sarà dunque di importanza cruciale, ammoniscono gli studiosi, indirizzare la ricerca e lo sviluppo di queste macchine nella direzione giusta, in modo che l'uomo possa trarne beneficio, senza i "danni collaterali" della creazione di strumenti - o esseri - in grado di renderci la seconda specie più evoluta della terra anziché la prima.
Negli Stati Uniti, ad esempio, la Cornell University sta già finanziando un progetto allo scopo di prevedere se e quando sarà raggiunta la "super intelligenza artificiale", ovvero la superiorità delle macchine sull'uomo. Nel suo intervento al congresso degli scienziati a Washington, Moshe Vardi ha sottolineato come in molti campi, dal riconoscimento facciale alla guida delle auto senza pilota, le macchine facciano già un lavoro migliore di quello dell'uomo; e come i giganti del web stiano tutti investendo cifre sempre più grosse nella ricerca nel settore dell'AI. Il momento in cui un essere umano guarderà con preoccupazione un robot super intelligente non è
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