Come determiniamo le nostre scelte? In che modo valutiamo i possibili rischi? E, soprattutto, quante e quali variabili prendiamo in considerazione quando si tratta di mettere mano al portafogli? Sono alcuni quesiti fondamentali sui quali si interroga la neuroeconomia, scienza che da circa 20 anni — il primo convegno si tenne nel 1997 — indaga il nostro modo di prendere decisioni.
Il risparmiatore irrazionale
Siete a fare la spesa, nel cruciale momento di scegliere quale detersivo comprare: 5 euro qualità media o 10 euro qualità superiore? Poco dopo andate in un negozio d’abbigliamento e di nuovo si propone un piccolo dilemma economico: un golf costa 50 euro ed è di qualità leggermente peggiore dell’altro, che costa 55. Quale golf scegliete? L’economia comportamentale, la scienza che studia il modo in cui gli individui prendono scelte di carattere economico, sostiene che, in uno scenario del genere, mentre nel primo caso molte persone sarebbero disposte a sacrificare la qualità per risparmiare 5 euro, nel secondo caso il ragionamento più comunemente seguito sarebbe: «Per soli cinque euro tanto vale prendere il capo migliore». Eppure, in entrambi i casi, gli euro risparmiati rimangono cinque. Questo è solo uno dei tanti esempi di come, in ambito economico, a differenza di quanto sostenevano le teorie classiche, l’uomo non è un essere poi così razionale. Questo rifiuto di una rigida razionalità è alla base della neuroeconomia, un ramo delle neuroscienze dallo spiccato carattere interdisciplinare, che mira a costruire un modello biologico dei processi decisionali in ambito economico. L’obiettivo di capire come gli individui, o meglio i loro cervelli, prendano delle decisioni sarà al centro del convegno “I neuroni delle scelte”, che si terrà a Prato Sabato 12 Novembre. Ma cosa ci dice questa scienza sul rapporto tra il nostro cervello e i soldi?
Ragione, emozioni e decision
L’economia classica si basa sull’idea che gli individui, nel fare delle scelte, tendano a massimizzare i propri interessi e ridurre al minimo le perdite. Questa visione è stata messa in crisi in particolar modo negli anni ’90 con l’avvento della neuroeconomia. Questa scienza mostra infatti come, nel prendere decisioni, il nostro cervello tenga in considerazione, oltre alla ragione, un altro elemento fondamentale: le emozioni. Attraverso il “brain-imaging”, tecnica di visualizzazione delle aree cerebrali, la neuroeconomia ha portato alla luce il fatto che, anche in campo economico, siamo influenzati non solo da considerazioni e calcoli astratti e razionali, ma anche da emozioni, affetti e rapporti interpersonali come paura, propensione al rischio, rimpianto e fiducia.
Ossitocina: una iniezione di fiducia
Uno studio pubblicato nel 2005 sulla rivista scientifica Nature ha mostrato, ad esempio, che negli investimenti finanziari, più che un calcolo razionale, è la fiducia istintiva che ci spinge a investire una somma piuttosto che un’altra. Durante un esperimento è stato osservato che gli individui a cui veniva somministrata una dose di ossitocina (un neuro-peptide popolarmente chiamato “ormone dell’amore”) investivano somme di denaro più alte rispetto agli individui cui veniva dato un placebo. L’ossitocina non aveva reso gli investitori più razionali, le probabilità di successo erano sempre le stesse, ma più fiduciosi. La neuroeconomia tenta così di comprendere le basi neurochimiche delle nostre scelte, mostrando come nel “calcolo” finale che porta a una deliberazione di carattere economico il nostro cervello dia diritto di parola non solo alle aree razionali con i loro numeri, ma anche a quelle irrazionali con le loro emozioni. Ecco: prima di investire possiamo anche servirci di una calcolatrice, ma difficilmente sarà lei ad avere l’ultima parola.
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